Puntare sull’oro per aumentare la decorrelazione del portafoglio

A cura di Marzotto Sim

L’attuale scenario di mercato è quello che gli economisti definiscono una “Goldilocks Economy caratterizzata da crescita, bassa inflazione, bassi tassi di interesse, bassa disoccupazione. Un mondo quindi “quasi” teoricamente perfetto per investire con serenità.
Ovviamente come in tutte le cose c’è un MA… e questo sono le valutazioni: molte obbligazioni governative hanno tasso negativo, le obbligazioni societarie, soprattutto se High Yield, hanno lo spread ai minimi storici, i multipli di borsa sono molto più elevati delle medie storiche (secondo il Shiller PE Ratio sono addirittura più elevati del 1929), il Real Estate in alcuni mercati si sta apprezzando ininterrottamente da molti anni.

Quale è quindi il rischio maggiore in un contesto apparentemente perfetto per gli investitori?
Il termine “complacency” si potrebbe tradurre con compiacimento, ma ancora meglio con sottovalutazione del rischio. Ed è proprio qui il punto critico: portafogli apparentemente diversificati sono, come non mai, esposti ad un movimento negativo delle principali classi di investimento che potrebbero avere tra loro una elevata correlazione.

L’investitore per evitare di dovere liquidare precipitosamente parte del portafoglio in caso i nostri timori sulla sostenibilità dell’attuale contesto dovessero essere confermati, ha alcune possibilità.
La prima, altamente consigliata, è di aumentare la componente liquida. Siamo infatti in un contesto a nostro avviso in cui CASH IS KING!!
Una seconda opzione è trovare asset realmente decorrelati rispetto alla maggiore parte degli asset del proprio portafoglio, ma non è facile. Arriviamo perciò all’oro e in seconda battuta all’argento, che effettivamente in caso di aumento delle preoccupazioni sui mercati finanziari potrebbero beneficiarne. I detrattori dell’oro che hanno ancora negli occhi il movimento negativo degli ultimi anni sostengono che non rende nulla e soprattutto.
Facciamo quindi alcune riflessioni.

A cinque anni la performance è negativa. Se prendiamo una performance a 5 anni (da $1740 a $1284),  il totale è negativo del 26.2%, ovvero circa il 5,8% annuo. Nondimeno considerare un periodo così breve e contraddistinto da uno dei maggiori BULL market della storia in quasi tutte le asset class è  a nostro avviso fuorviante per un asset che oltre ad una componente industriale, ne ha anche un’altra forse preminente di bene rifugio.
Su un arco temporale più lungo, 20 anni, la performance è sensibilmente più elevata. Si passa da $296 del 1997 a $1285 attuale, ovvero il 334% che annualizzato farebbe circa il 7,6%.
A 50 anni la performance dell’oro è passata da $39,5 all’attuale $1285. Performance totale il 3161%, annualizzata il 7,21%.

Se analizziamo l’oro in termini assoluti, da dieci anni in poi, la performance espressa in dollari è sensibilmente positiva. Se poi mettiamo dentro un tasso di cambio, per l’investitore italiano vi sarebbe un ulteriore miglioramento.
La questione da sottolineare, nondimeno, è che l’investitore dovrebbe prendere in considerazione l’oro non tanto per realizzarci un profitto, ma per proteggere una parte dei rischi del portafoglio.
Paradossalmente preferiremmo perdere sulla protezione, come se fosse una vera e propria assicurazione e guadagnare su tutto il resto. Tuttavia dal momento in cui viste le attuali valutazioni delle principali classi di investimento è probabile che ci sarà una fase di consolidamento, l’oro diventa uno strumento per ridurre le perdite potenziali in caso di evento negativo.

oro grafico a 50 anni

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