Due diversi scenari per la crescita

Al Legg Mason Fixed Income Day organizzato ieri a Milano, i partecipanti hanno ascoltato previsioni contrastanti da parte delle due affiliate obbligazionarie del gruppo, Brandywine Global e Western Asset. Nel dettaglio, secondo Francis Scotland, Director of Global Macro Research di Brandywine Global, l’attuale ondata reflazionaria è diversa dalle altre avvenute dopo la crisi finanziaria globale. A suo parere la crescita globale degli ultimi 18 mesi è sostenibile, e ha spiegato le tre ragioni per il suo ottimismo.

  • Il settore dei consumi USA ha fermato le operazioni di deleveraging
  • Le banche centrali di Europa e Giappone hanno indicato il loro impegno nel continuare con il quantitative easing
  • Se il prezzo del petrolio si era stabilizzato a 100 dollari al barile tra il 2011 e il 2014, oggi costa poco più di 60 dollari al barile.

I delegati hanno ascoltato un quadro meno roseo da parte di Andrew Belshaw, Head of Investments London di Western Asset Management, il quale ritiene che il malanno economico che ha toccato il Giappone per decenni potrebbe colpire anche le economie più sviluppate. Due sono le cose che lo preoccupano:

  • Sia la dimensione della forza lavoro che la produttività del lavoro sono andate per 40 anni in costante declino nei mercati sviluppati. Negli anni ’60 la produttività cresceva del 5-6% l’anno, mentre oggi la crescita è spesso poco sopra allo zero.
  • La capacità della forza lavoro delle economie sviluppate di guadagnare salari più alti è diminuita. Per questa ragione, il potere d’acquisto del lavoro è sceso negli ultimi 10-15 anni.

In questo scenario, Belshaw vede poco margine per un rialzo dei tassi di interesse, e ciò di conseguenza lascerà ai governi poco margine per stimoli monetari. Significativamente, Belshaw ritiene il 2017 come l’apice della crescita, che probabilmente d’ora in avanti comincerà a scemare.

Secondo Belshaw inoltre ci sono altri motivi per restare cauti. Sottolinea ad esempio come la circolazione del denaro non sia così efficace come 20 anni fa – in parte perché una quantità inferiore arriva a disposizione di chi guadagna salari più bassi. Nelle economie sviluppate inoltre la velocità della moneta si è ridotta di 10 volte e questo contribuirà a mantenere bassa l’inflazione.

Scotland si è detto d’accordo sul crollo della velocità del denaro, ma lo attribuisce ad una crescita del PIL più bassa del normale dopo la crisi. Vede una crescita più elevata come motore di un più elevato “moltiplicatore monetario”.

Sulle cause della bassa inflazione, Scotland evidenzia come l’impatto della globalizzazione – e la competizione extra che comporta, soprattutto da parte del mondo in via di sviluppo – abbia abbassato i prezzi. Una crescita globale prolungata dovrebbe invertire queste tendenze. Scotland crede che il boom dei paesi in sviluppo capovolgerà il trend calante della loro inflazione. Ritiene anche che la crescita negli USA guiderà ad una ripresa dell’inflazione salariale alla fine del 2018. Un altro fattore di rialzo dei prezzi sarà l’impatto del populismo in molte nazioni sviluppate. Questo porta spesso a tassazioni più basse, che potrebbero provocare l’accrescersi del reddito disponibile.

Tassi di interesse

Belshaw ritiene che i tassi di interesse rimarranno su livelli storicamente bassi. Non crede che la crescita europea possa salire oltre l’1% e perciò ritiene che i tassi di interesse europei non cresceranno molto oltre l’1%. Tassi di interesse del 2-2,5% sono invece a suo parere possibili negli Stati Uniti. In un mondo dove l’inflazione dei salari non tiene il passo di quella dei prezzi, una delle forze che manterrà i tassi relativamente bassi sarà il debito delle famiglie, che crescerà allo scopo di mantenere lo stesso livello di reddito.

Al contrario Scotland prevede invece tassi più alti. Secondo lui un indicatore chiave è la curva dei rendimenti dei treasuries americani, che è rimasta relativamente piatta dal Taper Tantrum del 2013 in poi. Per Scotland la causa di ciò è l’impatto della repressione finanziaria da parte delle banche centrali, e ritiene che il rendimento dei bond in tutta Europa salirà di 150 punti base quando terminerà il quantitative easing.

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