Non conosci? Allora non investi!

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Una delle più forti contraddizioni della entrante normativa europea MiFID II è legata alla conoscenza degli strumenti finanziari del cliente che vuole investire mediante un intermediario o ancor meglio tramite un consulente finanziario.
QUESTIONARIO La normativa prevede che l’intermediario, grazie al questionario di adeguatezza, debba valutare la conoscenza che il cliente ha degli strumenti di investimento in cui l’intermediario gli propone di investire (in realtà queste domande erano presenti già con la MiFID I).

Nel caso che il cliente non abbia una discreta conoscenza degli strumenti l’intermediario dovrebbe astenersi dal fornire consulenza in materia di investimento in tali strumenti.
CONOSCENZA Ma se una persona non ha mai investito in vita sua e vuole iniziare come può se risponde in maniera onesta al questionario evidenziando che non solo non ha mai effettuato operazioni in alcun strumento, ma non li conosce nemmeno?

Onestamente non ho visibilità di come si comportano gli intermediari in questa situazione, ma temo che il rischio che il questionario non venga compilato dal cliente è alto.
CONFLITTO DI INTERESSI Se così fosse la evoluzione del questionario di adeguatezza imposto dalla MiFID II non produrrebbe alcun vantaggio rispetto alla situazione attuale, dove molti clienti si trovano a firmare una pila di documenti, tra cui il questionario di adeguatezza in bianco che poi verrà compilato da chi ha interesse a far quadrare investimenti proposti con profilo risultante dal questionario.
ESEMPI NEGATIVI Sono ben noti casi in cui banche quotate, per permettere al cliente di acquistare quote azionario degli aumenti di capitale, abbiano modificato il questionario di adeguatezza per far risultate tutti adeguati ad acquistare i titoli in questione.
Le normative devono servire per evitare truffe e raggiri, ma se sono troppo ristrettive rischiano di sortire l’effetto opposto.
METAFORA In realtà è un sacrosanto diritto del cliente non conoscere nulla su come funzionano nel dettaglio gli strumenti finanziari; è un po’ come se si chiedesse ad un semplice cittadino di rispondere a delle domande sul funzionamento dell’apparato digerente nel caso si trovi con un bruciore allo stomaco e il medico gli imponga di rispondere ad un questionario, altrimenti se non ha mai usato il prodotto o non sa esattamente come funziona in termini metabolici non può andare in farmacia a comprare un inibitore della pompa protonica per risolvergli i problemi allo stomaco..
FIDUCIA Chiaro che il cittadino deve fidarsi del medico, ma il medico ha studiato per molti anni proprio per evitare al suo paziente di doverlo fare in autonomia.
Quindi perché un cliente deve dimostrare si conoscere la materia pur rivolgendosi ad un consulente od un intermediario finanziario che deve trovare le migliori soluzioni di investimento per lui?
PARADOSSO Onestamente è paradossale che un cliente non possa investire in un ETF perché non ne conosce il funzionamento e/o non abbia mai investito in uno strumento simile; paga il consulente o l’intermediario (a volte molto profumatamente senza nemmeno saperlo) perché lo facciano per lui, e quindi, ripetendomi, è suo sacrosanto diritto non conoscere la materia se proprio non gli interessa.

MAI “FAI DA TE” SE NON CONOSCI (NEMMENO IN CAMPO MEDICO) L’importante è che comprenda che se non ha competenza è meglio affidarsi ad un professionista, come d’altronde se ha mal di pancia è meglio andare da un medico (o un omeopata) per cercare di capirne i sintomi e cercare di trovare la soluzione migliore.
Un altro problema dei questionari di adeguatezza, che in teoria (dico in teoria perché parlando con molti operatori non mi sembra che tutti lo abbiamo compreso) verrà risolto con l’entrata in vigore della MiFID II, è relativo al rischio specifico di un singolo strumento invece che di portafoglio.
VALUTAZIONE DI PORTAFOGLIO Mi spiego meglio, finora le banche, governate da compliance officer con poca o addirittura nessuna esperienza di mercati finanziari, proponevano ai clienti solo strumenti finanziari con il profilo di rischio risultante dal questionario, per cui se un cliente aveva profilo di rischio 3 su cinque, poteva avere al massimo prodotti bilanciati con tale profilo di rischio, per esempio al 50% in azioni e 50% in obbligazioni, ma non poteva avere un 50% investito in un fondo azionario e il 50% in un fondo obbligazionario.
NON SONO SOTTIGLIEZZE Che differenza c’è, sosterrete voi, enorme, perché nel secondo caso io posso fare un’asset allocation di 10 fondi azionari al 5% ciascuno e 5 fondi obbligazionari con strategie complementari con il 10% ciascuno (giusto per fare un esempio), nel primo caso devo comprare uno o più fondi bilanciati, con maggiore concentrazione di rischio e meno possibilità di scegliere le eccellenze.
MEGLIO INTERPRETARE CHE BLOCCARE
Ma oltre a questo problema, spero che il mercato, ovvero i consulenti che sono sul campo tutti i giorni, facciano comprendere ai compliance officer (che probabilmente non hanno mai avuto relazioni con i clienti finali) che il questionario deve servire per avere delle indicazioni non per forza vincolanti e bloccanti, ma intelligenti ed utili al cliente, perché se un cliente vuole fare un PAC (piano di accumulo di capitale mensile) per il nipote appena nato che andrà all’università tra 20 anni, deve investire su un fondo al 100% azionario, nonostante il suo profilo di rischio, nonostante la sua età, nonostante la sua conoscenza negli strumenti finanziari, nonostante abbia investito tutta la vita in Bot e BTP e mai in un fondo azionario (e di clienti così ce ne sono tanti…).
INDICATORI DI RISCHIO
Gli intermediari devono dotarsi di strumenti di controllo del rischio che stabiliscano il rischio di un portafoglio (talvolta complesso) di strumenti finanziari nel loro insieme e non singolarmente, possibilmente non utilizzando esclusivamente il VaR (come ho scritto nel post Pregi (pochi) e difetti del VaR)
SUGGERIMENTI
Per finire, il cliente che tipicamente non ha tutti gli investimenti concentrati in un solo intermediario (se siete facoltosi e rientrate in questa casistica vi consiglio di avere almeno tre consulenti), deve poter decidere, anche se ha un profilo di rischio prudente, di destinare una parte piccola del suo patrimonio al 100% in azionario concentrato in un singolo intermediario, mentre in un altro gli destina le strategie absolute return e in un terzo intermediario la rimanente parte obbligazionaria; le procedure degli intermediari devono poter prevedere tale caso, devono prevedere che il cliente investa da loro una parte del loro patrimonio senza seguire specificatamente il profilo di rischio nella singola posizione della banca, ma in base ad un patrimonio più ampio (che ovviamente il cliente deve dichiarare non solo di avere ma anche di essere consapevole di questa divisione dei ruoli) altrimenti non fanno un servizio al cliente, ma con la scusa di una presunta conformità alle norme stanno semplicemente illudendosi di “pararsi il culo” mettendo ogni giorno un paletto in più, e magari anche una firma in più, che è sempre meglio di una firma in meno…

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