Il tormentone della riforma fiscale americana

A cura di Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier
La riforma fiscale americana sarà, per i mercati, una delle questioni più importanti da qui a fine anno. E’ quanto affermavamo da mesi e le ultime due settimane ce lo hanno confermato. Le incertezze sempre maggiori riferite alla votazione, alla tempistica e al contenuto esatto della riforma, al termine di una stagione di pubblicazioni con zone di luce e ombra mentre le valorizzazioni si attestano su livelli elevati, sono state il pretesto per una correzione probabilmente salutare.
Tutto inizia con la presentazione il 9 novembre della versione del progetto di riforma da parte del Senato, la settimana successiva a quella della Camera dei Rappresentanti. Se, idealmente, i due testi sono vicini divergono molto invece in merito alla riduzione delle nicchie fiscali e alla flat tax. Ma, soprattutto, le due Camere non ipotizzano lo stesso calendario di implementazione della riforma: dal 2018 per la Camera dei Rappresentanti (spalmata poi nel tempo per quanto attiene, tra l’altro, alla riduzione delle imposte a carico delle società), e non prima del 2019 per il Senato.
Queste divergenze renderanno ancor più complesso un processo legislativo che è già lungi dall’essere semplice. Se la Camera dei Rappresentanti si è pronunciata il 16 novembre, il Senato voterà solo dopo le vacanze del Thanksgiving (il 23 novembre) o addirittura a inizio dicembre. Se, nonostante tutto, il Senato – la cui maggioranza repubblicana è molto più sottile – autorizza la sua versione del testo, la via crucis è destinata a prolungarsi. Le due versioni del testo dovranno infatti essere riportate a «fattor comune», per essere inserite nel budget 2017/2018. Un budget che, a sua volta, dovrà essere interinato entro il 15 dicembre. Un timing molto stretto quindi, che non potrà reggere al benché minimo strappo.
L’incertezza permane circa il contenuto specifico della riforma e quindi il suo impatto sull’economia. Il Congresso dovrà giocarsela con prudenza perché sia compatibile con i vincoli di bilancio. Certo, le due Camere hanno approvato un quadro fiscale che consente di aumentare il disavanzo di bilancio di 1600 Md$ in 10 anni. Ma l’unica riduzione dell’aliquota fiscale a carico delle società, dal 35% al 20%, assorbirebbe buona parte di questo margine di manovra. La riforma fiscale finirà con l’essere votata negli Stati Uniti ma il dubbio rimane circa la sua portata, il suo impatto sull’economia e il calendario dell’implementazione.

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