Riforma fiscale Usa, le conseguenze per le società quotate e gli investitori

Di Matt Benkendorf, cio della boutique Quality Growth con sede a New York di Vontobel

Quali sono i punti principali della riforma fiscale presentata negli Stati Uniti Gli eventi macroeconomici e i cambiamenti politici non influiscono sul nostro processo decisionale, dal momento che adottiamo una strategia bottom-up. Sebbene giovedì 16 novembre la Casa Bianca abbia approvato la proposta di legge in materia fiscale, a nostro avviso il risultato finale della riforma non influirà in modo rilevante sulle nostre partecipazioni in portafoglio e sulla loro capacità di generare rendimenti. Tuttavia alcune delle nostre posizioni potrebbero beneficiare del margine derivante dalle modifiche legislative.

Un primo ed evidente punto di rilievo è l’abbassamento dell’aliquota strutturale dell’imposta sulle società. Nonostante le lunghe trattative susseguitesi negli ultimi anni, sembra altamente probabile che il tasso effettivo si attesti al 20%. Ma si verificherà davvero l’enorme impatto sui mercati tanto pronosticato dalla stampa? A nostro avviso, no. Gli investitori più astuti sono consapevoli che l’aliquota effettiva, in media, è già prossima al 20%, quindi l’effetto netto non sarà marcato come si potrebbe pensare. La definizione di un’aliquota strutturale più bassa assume tuttavia importanza a lungo termine per impedire che le aziende si dedichino a manipolazioni volte a far scendere la propria aliquota effettiva a tale livello.

In secondo luogo, la proposta di legge prevede un limite alla deducibilità degli interessi societari al 30% dell’EBITDA (utili al lordo di interessi, imposte e ammortamenti). Attualmente il costo del debito si trova a livelli eccessivamente bassi rispetto al costo dei finanziamenti azionari. Un tetto alla deducibilità degli interessi costituisce una soluzione a tale distorsione che da qualche tempo è oggetto di critiche da parte degli investitori. Inoltre potrebbe contribuire a promuovere una stabilità finanziaria più a lungo termine mettendo un freno all’eccessivo indebitamento delle imprese, che potrebbe peggiorare un’eventuale instabilità delle economie in caso di recessione o di crisi.

In terzo luogo, la proposta di legge prevede un’aliquota più bassa sugli utili esteri rimpatriati. Riteniamo che la maggior parte del denaro confluirà verso gli investitori sotto forma di dividendi e riacquisti, piuttosto che verso le spese in conto capitale o i piani di investimento infrastrutturale. Un sistema fiscale territoriale incentiverà le aziende a riportare gli utili negli Stati Uniti, con un impatto positivo per l’economia.

Quali sono le conseguenze per le società statunitensi quotate Benché le interpretazioni degli effetti della proposta di legge su diverse società possano essere contrastanti, noi riteniamo che la questione sia abbastanza semplice: le imprese domiciliate negli Stati Uniti che generano una quota elevata dei propri ricavi sul territorio USA (come per esempio le banche statunitensi con una forte presenza a livello nazionale) trarranno vantaggio dalla nuova normativa fiscale. All’altra estremità dello spettro, anche un rivenditore con sede negli Stati Uniti che abbia una preponderanza di vendite all’interno del Paese potrebbe beneficiarne. Tali imprese si trovano purtroppo ad affrontare simultaneamente altre sfide significative poste dalla minaccia dell’e-commerce.

A quali aspetti, pertanto, gli investitori devono prestare maggior attenzione? A questo punto potremmo sostenere lo scetticismo delle previsioni del mercato, che scontano il raggiungimento di un accordo, cosa peraltro assai plausibile data la complessità dell’iniziativa. Buona parte dell’apprezzamento del mercato azionario non è dovuta alla riforma fiscale ma piuttosto alla solidità economica fondamentale sottostante e della percezione di un allentamento normativo per le imprese. Il rischio per gli investitori risiede nella possibilità che la proposta di legge in materia fiscale non sia attuata, il che rappresenterebbe il sintomo di una paralisi e di uno scompiglio più estesi all’interno della politica. Una situazione che i mercati in generale non apprezzano.

Chi saranno i vincitori e i perdenti se i tagli fiscali a favore delle imprese verranno ritardati al 2019? Tutti avrebbero da perderci se la legge fiscale venisse ulteriormente posticipata. Tuttavia lo riteniamo improbabile, e crediamo che la nuova normativa fiscale entrerà in vigore nel 2018. Un ritardo avrebbe implicazioni negative perché segnalerebbe altre difficoltà potenziali.

In definitiva, ci concentriamo sulla ricerca di società di alta qualità con attività stabili e in crescita e con rendimenti elevati sul capitale investito, bilanci solidi, una forte generazione di flussi di cassa disponibili e vantaggi competitivi duraturi – una ricetta vincente per una crescita costante e resiliente degli utili. Non riteniamo che il risultato finale della legislazione fiscale abbia ripercussioni rilevanti sui nostri portafogli, pur rimanendo pienamente consapevoli degli sviluppi quando si verificano.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!