Eurozona, chiusura d’anno incoraggiante ma ancora senza inflazione

A cura di Marco Vailati, Responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda

Eurozona: chiusura d’anno coi botti e forza economica riconosciuta anche dalla Bce… ma ancora senza inflazione A novembre il tasso di crescita delle immatricolazioni si è confermato sopra la media annua e la produzione industriale di ottobre si è prontamente ripresa dal calo di settembre. Qualche incertezza politica e lo stallo dei mercati hanno fatto consolidare, seppure a livelli elevati, le aspettative degli operatori finanziari. Le ultime statistiche di attività di dicembre hanno registrato ulteriori aumenti con il Manifatturiero ai massimi di sempre della serie e gli altri ai massimi dall’inizio del 2011, creando i presupposti per una revisione al rialzo delle correnti stime di crescita, le migliori da un decennio. La Bce ha preso atto della forza del ciclo e alzato le proprie stime, ma la persistenza della bassa inflazione le ha fatto reiterare la necessità di mantenere invariata l’attuale politica monetaria espansiva.

Usa: a causa dei dubbi sulla ripresa dell’inflazione, la Fed alza il tasso e le stime macro ma non le proiezioni dei tassi Alcuni dati macro in settimana sono stati entusiasmanti (ottimismo piccole imprese ai massimi dal 9/83; disoccupati settimanali prossimi al minimo storico; forti vendite mensili), mentre altri sono calati consolidando però a livelli elevati (posti vacanti poco inferiori al massimo storico; Pmi, benessere consumatori e Manifattura di NY ancora sopra la media del 3° trimestre; produzione industriale solo in fisiologica decelerazione). Tuttavia, l’inflazione base è rimasta contenuta tornando ai minimi dell’anno. Ciò ha creato qualche dubbio anche nel Fomc che ha aumentato i tassi (anche se con 2 voti contrari) e le stime macro, senza tuttavia alzare le proiezioni dei futuri tassi proprio per la bassa inflazione strutturale.

Regno Unito:  La banca d’Inghilterra ferma in attesa dell’evoluzione dei negoziati sulla Brexit (che intanto brucia il potere d’acquisto degli inglesi) I dati hanno reiterato come la Brexit costi agli inglesi in termini di potere d’acquisto, a prescindere dalle penali concordabili con la UE per gestire l’uscita dall’unione. Il trend calante della sterlina – che riduce l’appeal dell’investimento immobiliare in UK per gli stranieri e, creando inflazione, riduce anche il potere d’acquisto reale degli inglesi e con esso i flussi nazionali in acquisto – continua a incombere sul mercato residenziale. La Bank of England, dopo il precedente aumento del tasso, ha mantenuto invariata la propria politica preferendo attendere l’evoluzione dei negoziati della Brexit per scegliere se proseguire nei rialzi per contrastare l’inflazione o mantenere l’impostazione espansiva per limitare il calo della domanda che resta debole con le vendite che, nonostante il rimbalzo di novembre, registrano un tasso di crescita ancora dimezzato rispetto al periodo precedente il referendum della Brexit.

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