Rischi in aumento in vista della chiusura dei cordoni della Fed

A cura di Ariel Bezalel, Head of Strategy, Fixed Income in Jupiter Asset Manager
Durante lo scorso anno si è registrata la prima significativa ripresa dell’attività economica a livello globale dall’inizio della crisi finanziaria. Anche se i dati economici degli Stati Uniti si sono dimostrati eterogenei, la Federal Reserve (Fed) li ha ritenuti abbastanza solidi da cominciare a ridurre il suo bilancio, gonfiato dagli stimoli monetari negli anni della crisi. La Fed prevede inoltre di continuare ad alzare lentamente i tassi d’interesse, confidando nel fatto che sembra vicino un ritorno dell’inflazione, rimasta stagnante per tanti anni.
Parlando in qualità di investitore obbligazionario globale, la fine da qui a poco del più grande esperimento di politica monetaria della storia, unito al rialzo dei tassi di interesse – in questa fase avanzata del ciclo economico – indicano un rischio significativo. Ad oggi, negli ultimi dieci anni si contano acquisti di asset da parte della banca centrale per la colossale cifra di 15 mila miliardi di dollari. E’ stato principalmente questo stimolo, a nostro avviso, a spingere gli asset rischiosi dalla crisi finanziaria.
Nel 2017, abbiamo assistito ad alcuni evidenti segnali di allarme di potenziali bolle speculative sui mercati obbligazionari create da questo approccio accomodante. Il credito europeo high yield è stato, per la prima volta nella storia, in linea con i Treasuries USA; l’Argentina ha riscontrato successo nella vendita del titolo di Stato con scadenza a 100 anni, pur essendo un inadempiente seriale; inoltre, la curva dei rendimenti USA si è appiattita – cosa che di solito è sintomo di rallentamento – nonostante il miglioramento della crescita del PIL, sollevando dubbi sul fatto che anche la curva dei rendimenti sia distorta.
Ora, con la Fed e le altre banche centrali di tutto il mondo che cercano di rimuovere l’ormai proverbiale manna di liquidità, e con valutazioni a livelli record per la maggior parte degli asset  rischiosi (come le obbligazioni societarie e le azioni), il 2018 potrebbe essere un anno difficile e instabile per gli investitori.
Debito, demografia e disruption. La Fed ha giustificato la sua decisione di iniziare a normalizzare i tassi d’interesse sostenendo che l’inflazione debole sarà temporanea. Tuttavia, io e il mio team prevediamo che la pressione al ribasso sull’inflazione continuerà a tormentare l’economia globale. Riteniamo che alcuni trend a lungo termine, come l’invecchiamento della popolazione, un mondo eccessivamente indebitato e la disruption causata dalla tecnologia, siano tutti fattori in grado di frenare la crescita economica e l’inflazione più a lungo di quanto molti pensano. In secondo luogo, è probabile che questi problemi strutturali a lungo termine continueranno a contenere i rendimenti obbligazionari per qualche tempo.
Crediamo che anche gli Stati Uniti stiano manifestando una serie di segnali tipici della fine del ciclo economico nel mercato delle obbligazioni societarie. Sono aumentate le morosità sul debito delle carte di credito, i finanziamenti per acquisti di automobili si sono deteriorati e, altro classico segnale, negli Stati Uniti si è verificato un massiccio peggioramento della qualità delle clausole contrattuali sulle emissioni high yield statunitensi, il che rappresenta un grande spostamento di potere dal creditore al debitore. Oggi infatti, negli Stati Uniti, circa tre quarti dei prestiti con leva finanziaria sono stati concessi con pochissima protezione dalle clausole covenant.
È tempo di ricalibrare il rischio. Quindi, dove possono trovare buone opportunità in un contesto così incerto gli investitori obbligazionari? Fortunatamente, il nostro approccio unconstrained ci consente un ampio margine di azione. Alla luce dei rischi che vediamo sul mercato, riteniamo che la prudenza sia un aspetto importante. Abbiamo aumentato la qualità delle obbligazioni dei nostri portafogli e ridotto l’esposizione al comparto high yield. Al momento preferiamo i titoli governativi di alta qualità dei mercati sviluppati, come i Treasuries US, ma rintracciamo alcune aree interessanti nel debito dei mercati emergenti.
Ad esempio, l’India è uno dei pochi Paesi su cui abbiamo forti convinzioni e siamo favorevoli ad aumentare il rischio. I rendimenti dei titoli di Stato e delle obbligazioni societarie sono interessanti e, nonostante la debolezza valutaria a breve termine, ci aspettiamo che la rupia si rafforzi di nuovo con la ripresa dell’attività economica, come conseguenza delle riforme e del calo dei tassi di interesse nel Paese. Abbiamo anche investito in obbligazioni cash proxy, laddove riteniamo vi sia una possibilità concreta di ottenere rendimenti migliori senza mettere a rischio in maniera ingiustificata il capitale investito. Infine, siamo esposti a diverse aziende in “situazioni speciali” che riteniamo possano beneficiare, a breve termine, di fenomeni di deleveraging che potrebbero determinare plusvalenze. In questa fase avanzata del ciclo del credito, riteniamo che queste siano le strategie giuste per il 2018.

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