Il petrolio resta a ridosso dei 60 dollari per barile. Libia nel caos

Di Filippo Diodovich, market strategist di IG

L’attenzione degli operatori internazionali è ritornata anche sulle quotazioni del petrolio dopo l’infiammata evidenziata nella seduta del 26 dicembre. L’impennata dei corsi dell’oro nero è legata all’attacco di un oleodotto in Libia. L’esplosione della pipeline nel paese nordafricano potrebbe causare una diminuzione di 80-100 mila barili al giorno, circa il 10% della produzione totale libica. Le autorità libiche ritengono che l’operazione sia stata eseguita da truppe militari islamiche jihadiste legate all’ISIS, rintanate, solitamente, nelle loro roccaforti attorno a Sirte.

Difficile capire la situazione reale in uno dei paesi meno controllati dal governo centrale. Il 17 dicembre sono terminati di validità gli accordi presi due anni fa a Skhirat in Marocco per dare il potere a Fayez Al Sarraj e instaurare un governo temporaneo a Tripoli. Le Nazioni Unite hanno deciso di mantenere il governo di Al Serraj in carica fino a che non ci sarà una alternativa che dovrà uscire da regolari elezioni. Tuttavia il paese è talmente frammentato e controllato da diverse fazioni che difficilmente si riuscirà a trovare una soluzione nel breve. Anche le recenti dichiarazioni del generale Khalifa Haftar, che controlla tutto il nordest libico da Benghazi e Marj fino a Tobruk (la cosiddetta Cirenaica), hanno delegittimato il governo di Al Serraj, già accusato di aver tollerato i mercati degli schiavi nei propri territori.

Ci aspettiamo ulteriori tensioni in Libia e possibili nuovi attacchi alle infrastrutture petrolifere per controllare la principale ricchezza del paese. L’esempio in Libia potrebbe spingere altre forze militari jihadiste a colpire le infrastrutture petrolifere in altri paesi come già successo in passato in Nigeria.

Da un punto di vista tecnico osservando il grafico del WTI light Crude possiamo dedurre che l’eventuale superamento della strategica resistenza a 60 dollari al barile possa creare i presupposti per una estensione dell’ascesa in direzione degli obiettivi situati a 62,80 dollari al barile, picco di maggio 2015. Indicazioni negative sotto 58,60 dollari al barile.

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