Mercati Emergenti, continua l’espansione economica dopo un anno di flussi ininterrotti

A cura di Raiffeisen Capital Management
Gli investitori nei mercati emergenti (EM) possono guardare indietro a un anno molto redditizio, sia per le azioni che per le obbligazioni. Non sorprende quindi che gli afflussi verso i paesi emergenti continuino. Nel 2017 i flussi verso i mercati azionari sono stati pari a 61 miliardi di dollari USA circa, il valore più alto dal 2010. La soddisfazione degli investitori in euro diminuisce naturalmente a causa della forza della moneta unica europea. Del resto, in questo modo è andato perso circa il 50% dell’apprezzamento nominale di dell’anno.
Resta da vedere se la scalata dei prezzi delle materie prime continuerà. Come già sottolineato più volte a questo proposito, la chiave di tutto è nella Cina e sulla stabilità del suo sistema finanziario. Di conseguenza, almeno temporaneamente potrebbero verificarsi un rallentamento della crescita e una domanda inferiore di materie prime.

Cina
La dinamica congiunturale della Cina ha subito un leggero rallentamento nell’ultimo periodo. Questo non è comunque né drammatico in termini di grandezza né giunge inaspettatamente. La maggiore attenzione riservata ai rischi di stabilità nel sistema finanziario deve necessariamente portare a una flessione della crescita – la domanda è solo, quanto sarà significativa e in quali settori si manifesterà. A ciò si aggiunge che la Cina sta contemporaneamente effettuando un importante cambiamento delle sue strutture economiche e del suo modello economico. I consueti indicatori di sintesi, come la crescita economica, la produzione industriale o gli investimenti, hanno quindi un significato solamente limitato. Per illustrare meglio la dimensione del sistema finanziario: la massa monetaria della Cina nel frattempo è più grande di quella degli USA e della zona euro messe insieme. Rispetto alla performance economica, i crediti esistenti e la massa monetaria sono senza precedenti nella storia. Il governo di Pechino avvierà delle misure addirittura su tre fronti per prevenire un’eventuale crisi importante: attraverso la politica della banca centrale, tramite una regolamentazione più severa e attraverso continue misure anticorruzione. Ciò è un esercizio di equilibrio molto difficile. In passato, Pechino aveva praticamente sempre contrastato un rallentamento economico troppo sostenuto con un’espansione del credito. Adesso si vuole e si deve comunque contenere proprio questa espansione del credito. Non è un compito semplice, per giunta in un paese così enorme.
Ciò non significa che ci sarà un disastro. La fase attuale di volatilità contenuta su quasi tutti i mercati finanziari potrebbe, tuttavia, finire presto. La Cina potrebbe essere uno dei candidati di punta dal quale potrebbe manifestarsi il cambiamento.
India
La crescita economica indiana ha interrotto il suo trend al ribasso, almeno per il momento. L’aumento del 6,3% nel secondo trimestre dell’esercizio corrente (aprile 2017-marzo 2018) è stato comunque leggermente inferiore alle attese. Mentre il settore manifatturiero è cresciuto grazie agli investimenti, il settore edilizio ha continuato il debole andamento degli ultimi mesi. I dati sull’inflazione sono piaciuti poco. Il significativo aumento dei tassi d’inflazione a ottobre dovrebbe allontanare per ora la possibile opzione, in mano alla banca centrale, del taglio del tasso d’interesse.
La Banca Centrale ha lasciato i tassi invariati nell’ultima riunione di inizio dicembre, ha però alzato le stime sull’inflazione. L’aumento del prezzo del petrolio e il rischio di un deficit di bilancio del governo centrale più alto si aggiungono come ulteriori fattori negativi. Ma ci sono state anche notizie positive.
L’India è salita di trenta posizioni nell’importante classifica della Banca mondiale dei “paesi dove è più facile fare impresa”. In questo modo sono state riconosciute le riforme avviate da quando si è insediato il Governo Modi. L’agenzia di rating Moody’s ha alzato di un gradino a Baa2 (Baa3 è il gradino più basso nella categoria investment grade) il merito di credito dell’India e lo ha motivato sia con le attività di riforma che con le misure di risanamento del settore bancario.

 

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