E tu, sei disposto a metterti in gioco?

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Dal 3 di gennaio 2018 è finalmente entrata in vigore la normativa MiFID II che regola le modalità di erogazione dei servizi di investimento degli intermediari finanziari.
Finalmente la trasparenza acquista valore e gli intermediari sono costretti ad esplicitare le commissioni che il cliente paga e i costi, spesso occulti che ne deprimono i rendimenti.
Ma non voglio parlare di questo tema, anche perché credo che se c’è grande qualità è anche giusto pagarne il prezzo, il difficile è capire per un investitore quando c’è alta qualità e quando no, ma apriremo un tema molto complesso e difficile che non è lo scopo del presente post.
Oggi voglio parlare del questionario di adeguatezza, in inglese “risk assessment questionnaire” che ha lo scopo di comprende e definire alcune caratteristiche del cliente:
1)la propensione al rischio
2)la conoscenza degli strumenti finanziari
3)l’esperienza
4)la tolleranza alle perdite
5)la perdita massima ammissibile
6)l’orizzonte temporale
7)I dati patrimoniali e familiari
Chiaramente, come spiegato nel POST Meglio stimare la propensione al rischio o la probabilità di rendimento positivo?, non basta la propensione al rischio per definire il recinto dei limiti di investimento negli asset più rischiosi come l’azionario, ma è opportuno comprendere tanti altri parametri, come il patrimonio, il reddito, la capacità di risparmio e l’orizzonte temporale degli investimenti.
ESPERIENZA. Avendo collaborato con decine di intermediari finanziari sin dalla prima normativa MiFID entrata in vigore nel 2007 ed essendo stati una SIM (Società di investimento Mobiliare) per ben quattro anni, conosciamo molto bene pregi e soprattutto i difetti dei questionari di adeguatezza sinora proposti sia dalle banche che dalle reti di promozione finanziaria.

NON LEGGETE. Purtroppo ho assistito diverse volte a discorsi del tipo: io i miei clienti gli faccio firmare il questionario e poi lo compilo io, oppure ancora peggio: “macché in bianco, io il questionario lo compilo prima e lo faccio semplicemente firmare ai clienti”.
Ovviamente sono casi isolati, ma non si può fare finta di niente (e mi rivolgo soprattutto ai compliance officer degli intermediari) lasciando che i consulenti finanziari agiscano in tal modo; basterebbe un’analisi di quanti questionari di adeguatezza sono dissimili tra di loro per comprendere le anomalie che si celano dietro un questionario, soprattutto cartaceo in mano al cliente.
NON LO HO DETTO. Per non parlare delle banche che per vendere negli anni scorsi le proprie quote azionarie degli innumerevoli aumenti di capitale, hanno fatto ri-firmare i clienti un nuovo questionario al fine di farli rientrare l’operazione di acquisto dei titoli come adeguati al profilo di rischio.
CATTIVO? Sono troppo spietanto nell’analisi? Certamente; la stragrande maggioranza degli intermediari e dei consulenti finanziari sono virtuosi, ci mancherebbe altro, però sono convinto che la stra grande maggioranza degli stessi ritengono il questionario di adeguatezza un peso, uno strumento poco utile e che spesso non permette di fare realmente quello che è meglio per il cliente stesso.

BENVENUTA MiFID II. E’ per tutte queste ragioni che più di sei mesi orsono io e l’amico prof. Ruggero Bertelli, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo studiato prima e realizzato poi questo questionario di adeguatezza sotto forma di gamification.
BREVETTO. E’ venuto talmente bene che abbiamo pensato di depositare una richiesta di brevetto perché il questionario presenta delle caratteristiche di unicità di processo che ne giustificano l’investimento.

Tutte le informazioni richieste dalla normativa sono richieste al cliente sotto forma di gioco, in maniera poco intrusiva e anzi spesso divertente, senza far sembrare il cliente un ignorante, senza dargli la percezione di un interrogatorio e senza fargli domande auto referenziali del tipo: “conosci gli strumenti derivati?”…
BIG DATA. Ma il lavoro non si ferma ad un questionario presentato in forma diversa, abbiamo utilizzato un database di oltre 23 milioni di famiglie italiane, fonte BCE, con il quale attraverso un processo di Big Data Analysis la piattaforma estrae i dati medi di patrimonio finanziario, patrimonio complessivo e di reddito annuo in base ai dati forniti dal cliente, il quale può ovviamente aggiustare con un clic, per evitare domande scomode a cui spesso il cliente risponde in maniera non del tutto trasparente (provate a chiedere a qualcuno: “che patrimonio hai?”).
DADI. Alcuni passaggi sono dei veri e propri giochi a quiz, come il famoso quiz sul lancio dei dati creato da Ruggero Bertelli e pubblicato sul il sole 24 ore, altri sono dei giochi che invitano il cliente a mettere in ordine di rischiosità gli strumenti ed in caso di errore semplicemente tornano al proprio posto, insomma un modo divertente di verificare la propria propensione al rischio.
Provate anche voi, alla fine potrete ricevere il PDF del risultato e se vi sarà piaciuto, in cambio vi chiedo semplicemente di condividere cliccando sul tasto di facebook alla fine del processo.
Cliccate qui per andare al questionario

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