Il dollaro debole influirà negativamente sui mercati azionari europei

a cura di Lemanik

“Il dollaro debole che caratterizzerà il 2018 avrà diverse implicazioni. Causerà innanzitutto dei danni ai mercati azionari europei, dove oggi sono maggiormente esposte le posizioni in equity; sosterrà un generale recupero dei prezzi delle commodities e in particolare dell’oro; continuerà a sostenere i flussi verso i mercati emergenti dove, anche in caso di correzione dei mercati finanziari, si delineano a termine le migliori opportunità per gli investitori”. È l’analisi di Maurizio Novelli, gestore del Lemanik Global Strategy Fund.

La Fed ha capito che, a causa dell’elevato indebitamento del settore privato, non può aumentare i tassi come vorrebbe senza procurare una recessione e deve quindi rimanere “dietro la curva”. Questo rischia di creare problemi ai mercati obbligazionari, che, a questi livelli di tassi d’interesse, non si sentono protetti dall’inflazione e potrebbero procurare un indesiderato quanto dannoso aumento dei tassi in un momento molto delicato. Lo scenario che i mercati azionari stanno scontando da mesi, e cioè che la crescita si faccia più forte e i tassi rimangano bassi in un contesto di debito crescente, non è credibile. L’ipotesi che l’inflazione possa rimanere bassa in un contesto di dollaro debole è una mera speranza. Il dollaro debole è tendenzialmente favorevole a una ripresa dell’inflazione perché produce una rivalutazione delle divise dei paesi emergenti e sostiene i prezzi delle commodities. Si delinea dunque un anno difficile per i bonds e per il dollaro con potenziali ripercussioni sui mercati azionari.

“La Bce vorrebbe il dollaro forte ma la Fed non ha nessuna possibilità di farlo, perché vorrebbe dire trasmettere ai mercati un atteggiamento talmente restrittivo che procurerebbe danni ai mercati azionari, ai Treasuries, al debito e, di conseguenza, all’economia”, spiega Novelli. “In questo contesto, la Fed è impegnata in una “navigazione a vista” che non fa che evidenziare una totale mancanza di strategia. Anche le dichiarazioni continue di voler ridurre il bilancio non servono a nulla perché non sono credibili e difatti il dollaro, che dovrebbe salire, scende. I giapponesi preferiscono comperare euro e sempre meno dollari, e quindi meno Treasuries, con evidente irritazione della Bce e preoccupazione del Tesoro americano. In questo quadro di disordine non possiamo ignorare quello che fanno i cinesi. Il yuan si sta rivalutando contro il dollaro e sembra quindi evidente che la Cina continuerà a sottrarre flussi verso i Treasuries e quindi verso il dollaro, in una strategia finalizzata a diversificare sempre di più le proprie riserve valutarie. Anche questo fenomeno sembra confermare le intenzioni dell’Asia di vendere Treasuries e dollari con evidenti impatti sui tassi e sui mercati valutari”.

In questo contesto di flussi in evidente uscita dal dollaro si celano dunque strategie differenti da parte delle banche centrali, impegnate a perseguire politiche orientate a risolvere situazioni interne. La Bce e la Bank of Japan perseguono un target di inflazione, la Fed non può essere restrittiva, la Cina vuole stabilizzare lo Yuan e gestire un deleverage interno che necessita di tutto il sostegno dei capitali cinesi, che devono dunque rimanere in casa a finanziare il sistema e non uscire per finanziare il debito altrui. Tutto appare dunque tranquillo e la bassa volatilità sembra evidenziare un ambiente finanziario molto stabile, ma nel frattempo sono in corso movimenti “tettonici” sui mercati valutari che sono il preludio a maggiore instabilità prospettica.

“La nostra strategia per il 2018 rimane focalizzata su dollaro debole in cedimento verso tutte le divise. Per questo motivo abbiamo una posizione short di dollaro vs euro e verso Dollar Index del 25%. Le implicazioni di un dollaro debole dovrebbero produrre un impatto negativo sui mercati azionari europei, in particolare il Dax, dove abbiamo una posizione short del 30%”, continua Novelli. “Per quanto riguarda i mercati obbligazionari americani, la nostra prospettiva resta negativa a causa della scelta ormai evidente della Fed di stare “dietro la curva”. L’oro continua nella sua lenta ma costante costruzione di un importante trend di rialzo che si delinea sempre più concreto alla luce delle riflessioni sul dollaro. La nostra esposizione long del 14% è rimasta intatta nel corso del 2017 e potrebbe aumentare in prospettiva”.

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