Difendiamoci con lo scudo fiscale. Tremonti, "non ora"

Torna alla ribalta il tema dello scudo fiscale. Tra le possibile vie per ripianare i bilanci statali, resi esangui dalla crisi, si pensa a questa opportunità come arma in più degli Stati europei contro i paradisi fiscali. L’argomento è all’ordine del giorno in Francia e in Germania, dove si stanno valutando misure per consentire un rientro agevolato dei patrimoni detenuti in paesi “non in linea con la normativa tributaria comunemente adottata”, riuscendo così a ottenere un doppio risultato: colpire gli Stati-rifugio sottraendo risorse e rendere disponibile nuova liquidità da immettere nelle attività economiche (vincolando quindi l’utilizzo dei capitali di ritorno). Seguendo questi spunti, secondo quanto riportato da “Il Sole 24 Ore”, anche l’Italia potrebbe associarsi a queste iniziative, ricalcando una politica di emersione già attuata tra il 2001 e il 2003, che aveva permesso di recuperare oltre 80 miliardi di Euro.

Dobbiamo quindi aspettarci l’avvio di un tour de force fiscale? A tal riguardo è stato incalzato dai cronisti il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nel corso di una conferenza stampa al termine del Consiglio europeo. Ebbene, siamo sì in emergenza, ma è ancora tempo di riflessione più che di azione: “E’ troppo presto per parlare di scudo fiscale per favorire il rientro dei capitali nei paradisi fiscali. Non mi stupisce che ci siano dei ragionamenti tecnici, ma è troppo presto per parlarne. Certo, se si definisce un regime nuovo, occorre trovare uno snodo sul vecchio, ma è troppo presto per fare valutazioni».

Tre frasi per un medesimo, chiarissimo, concetto: andiamoci cauti, bisogna riflettere bene sulle inziative da intraprendere. Siamo di fronte a buon senso o a una delle tante mosse di rinvio tipiche del mondo politico? Per ora, non possiamo dare risposta. Il problema però rimane, in quanto molti la pensano come il buon Marcello Marchesi: “Perché denunciare il reddito dopo il bene che vi ha fatto?”

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