Private equity italiano, un mercato in controtendenza

Si è tenuto il 23 Marzo il Convegno annuale dell’AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital) a Milano, con tema “Private Equity: investire nello sviluppo delle imprese nei momenti di recessione”.

Confortanti risultati sono emersi nel trascorso 2008 dal mondo del Private Equity, come ha affermato Giampio Bracchi, presidente di AIFI. Il private equity, infatti, ha un comportamento quasi anticiclico: nei periodi di crisi economica (1991-3 e 2001-3) i fondi hanno offerto rendimenti straordinari, dal 20 al 30%, mentre negli anni di crescita hanno fornito rendimenti più modesti. Come ha sottolineato anche [p]Anna Gervasoni[/p], direttore generale di AIFI, i dati per il mercato italiano sono sorprendenti: crescono gli investimenti del 23% rispetto al 2007 ed aumenta il numero di operatori del 12%; in calo invece, come strutturale, la raccolta del 25% ed il numero di disinvestimenti del 13%, in media con il resto d’Europa. 

Gli investimenti in Italia sono, infatti, aumentati, mentre in Paesi quali USA e Giappone sono scemati per valori che vanno dal 15% al 30%. La crisi a cui stiamo assistendo, prosegue Bracchi, è di quelle senza precedenti per estensione geografica e settoriale; nemmeno nel 1931 si era assistito ad una polverizzazione così dei valori delle grandi banche internazionali. In Italia, poi, la recessione sembra superare il 2%, non si sa per quanto tempo perdurerà, e le esportazioni nostrane hanno perso circa il 20-30% rispetto all’ultimo anno.

Il mondo del private equity, però, ha effetti contrastanti. Ben 553,8 miliardi di dollari, un record, sono stati raccolti in questa attività, dato, però inferiore a quello del 2007 (624,6 mld), tuttavia non in maniera drammatica se pensiamo che in Europa c’è stata una contrazione media del 20% (-39% UK, -21% Germania, -32% Spagna, -20% Francia).

Da 3 miliardi di euro la raccolta degli operatori in Italia è diminuita a 2,3, tuttavia nel 2008 sono stati raccolti ben 24 fondi e nel secondo semestre dell’anno si è investito di più del primo, in controtendenza con lo scoppio della crisi. La verità è che gli investitori hanno continuato a metter capitale di rischio nel private equity, svolgendo attualmente operazioni più piccole che in passato e per minori importi, ma credendo ancora nello sviluppo delle imprese. Se da un lato si è ridotta la leva del private equity e dovremo aspettarci multipli più bassi, a 4-5 anni i rendimento saranno, però, maggiori. La realtà è che è impossibile ottenere dei risultati dalle imprese subito, ma in un arco temporale di lungo periodo l’investimento nelle pmi darà i suoi frutti, come ha sostenuto Massimo Michaud, a.d. di [s]Allianz[/s]. Esiste, infatti, un anacronismo tra i tempi degli investitori (medio termine) e quello d’impresa (4-5 anni appunto).

Se sino a non molto tempo fa, il focus era concentrato sugli USA e sull’Europa, adesso gli investitori puntano sull’Europa e sui Paesi emergenti. Se, in precedenza, avevamo assistito ad un mercato dei venditori, nel prossimo futuro si profila un mercato dei compratori, in cui l’ammontare medio investito nel valore d’impresa si aggirerà attorno ai 2,1 miliardi di euro.

Tra le prime 10 operazioni in termini di volume, ben tre nel 2008 sono state italiane, segno che il nostro mercato, a differenza di quello europeo, si sta sviluppando attorno al private equity. Anche i fondi pensione in Italia, finalmente, stanno pensando all’investimento nel private equity, inoltre stanno aumentando le operazioni start-up e quelle nelle infrastrutture; in calo non preoccupante, invece, le operazioni di buy-out. Le operazioni di megadeal, come mostrato da Anna Gervasoni, sono state 8 nel 2008, dato rilevante per il mercato italiano, l’early stage è un volume piccolo ma presente (+75% sul 2007, ma ci vorrebbe una spinta pubblica su questo segmento) e 113 sono state le operazioni di buy-out, altro dato significativo. Quest’ultimo settore fattura 2 miliardi di euro, molti buy-out sono stati primari (aziende che entrano per la prima volta nel private equity) e tali operazioni sono aumentate del 30% nel 2008, rispetto al 2007.

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