Vendite sulle Borse, ma è presto per chiamarla “correzione”

A cura di Vincenzo Longo, market strategit di IG

Seconda chiusura in calo per gli indici europei, che hanno terminato sui minimi delle ultime due settimane. Le vendite questa volta non hanno risparmiato neanche Wall Street, che perde più dell’1%, complice il crollo dei titoli dell’healthcare e degli energetici. Se tali livelli dovessero essere confermati in chiusura, sarebbe la peggior performance da agosto scorso. Il sentiment del mercato sembra risentire del balzo dei rendimenti sui Treasury, arrivati ai massimi da quasi quattro anni. Lo yield sul decennale Usa sosta sopra area 2,70%, con spike verso 2,74%, malgrado lo spostamento sembra essere parallelo lungo la curva senza fenomeni di steepening.

Le vendite sul comparto governativo sembrano essere alimentate da diversi fattori, che vanno dai buoni dati macro (confermati anche oggi dalla fiducia dei consumatori e dai prezzi delle case) all’aspettativa di una Fed piuttosto aggressiva in vista del comunicato di domani sera. Su quest’ultimo punto, la tendenza generalizzata delle Banche centrali verso un approccio meno accomodante aggiunge pressione al comparto fixed income, che vede ancora quantità notevoli di bond in circolazione a tassi negativi o estremamente bassi. Il resto l’ha fatto il dollaro debole che ha messo le ali alle commodity, petrolio in primis, alimentando aspettative di un’accelerazione dell’inflazione nel prossimo futuro.

Insomma, con i rendimenti sul comparto governativo a questi livello abbiamo l’impressione che più di qualche investitore stia iniziando a chiedersi se vale la pena rimanere esposti sull’azionario, troppo caro al momento. Il costo opportunità di detenere equity inizia a farsi sentire, anche se questo potrebbe essere solo un assaggio. Fintantoché le indicazioni macro rimangono ancora così brillanti non crediamo che il mercato possa andare incontro a un’inversione di tendenza. Piuttosto potremmo assistere a un ritorno della volatilità, che sosta ormai da troppo tempo vicino ai minimi pluriennali. Alla luce del rally dell’ultimo anno è ancora prematuro definire queste vendite come una correzione. Dovremmo arrivare a perdere almeno il 5% per definirla tale.

Tra le valute, il cambio Eur/Usd è tornato a rimbalzare dopo le vendite fisiologiche delle ultime due sedute. Il biglietto verde dovrà fare i conti con la Federal Reserve domani e con i dati sul mondo del lavoro di venerdì, fattori questi che potrebbero aggiungere volatilità ai cambi contro il dollaro.

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