Utili societari, Europa batte Usa per qualità

A cura di Patrick Moonen, Principal Strategist Multi Asset di NN Investment Partners

L’andamento degli utili aziendali è senza dubbio un driver importante della fase rialzista del mercato azionario. Negli Stati Uniti, la stagione degli utili relativa al quarto trimestre del 2017 è iniziata da qualche settimana e il bilancio è positivo; il 78% delle società ha infatti superato le aspettative. Ogni settore sta andando meglio di quanto ci si aspettasse, sia dal punto di vista delle vendite (+1,2% meglio del previsto) sia da quello degli utili (un +3,1% rispetto alle attese).

Anche per quest’anno le aspettative sono positive. Lo slancio degli utili negli Stati Uniti ha raggiunto i livelli più alti da anni. Certamente, gran parte di questo è da attribuire alla riforma fiscale e al taglio dell’aliquota dell’imposta sul reddito d’impresa dal 35% al 21%. Altri driver sono la debolezza del dollaro, la stabilità del prezzo del petrolio, e ultima ma non meno importante, la ripresa dell’economia globale. Le stime del consenso sugli utili aziendali statunitensi per il 2018 sono salite al 16,3%, un aumento di circa 4 punti percentuali rispetto alla fine di dicembre.

Il trend di crescita degli utili negli USA potrebbe sembrare impressionante a questo punto del ciclo economico rispetto ad altri mercati sviluppati (la crescita degli utili dell’Eurozona è stimata al 9,4%), ma dovremmo considerare l’importanza di voci non operative, come le tasse e le valute. Questo implica che secondo noi la qualità della crescita degli utili negli Stati Uniti è inferiore a quella della crescita degli utili dell’Eurozona. Nel vecchio continente assistiamo a margini più elevati sulla base di miglioramenti operativi. Riteniamo che questa divergenza nella qualità degli utili porterà a una riduzione dell’attuale valuation premium degli USA (30%, basato sugli utili dei successivi 12 mesi) rispetto all’Eurozona.

Oltre agli utili, il mercato azionario – in particolare i segmenti più sensibili al ciclo economico – è supportato da dati macro costantemente solidi. Gli indicatori di fiducia delle imprese e dei consumatori sono ai massimi livelli pluriennali nei mercati sviluppati e in generale, i dati economici stanno superando le aspettative. Inoltre, data l’assenza di pressioni inflazionistiche, le banche centrali hanno il lusso di mantenere il loro approccio graduale verso una politica di adeguamento. La scorsa settimana, sia la BoJ che la BCE hanno confermato la loro linea di politica monetaria.

Poi c’è il lato comportamentale dell’equazione. L’ottimismo degli investitori è diffuso e crescente. La volatilità del mercato è cresciuta in qualche modo ma è ancora bassa. Il comportamento delle imprese è altrettanto rialzista, come è evidenziato dall’aumento delle operazioni di M&A. Inoltre, il bull/bear ratio resta a livelli molto elevati e osserviamo crescenti segnali di un mercato che è tecnicamente ipercomprato. Questo non significa che una correzione è imminente. I mercati possono restare overbought per un lungo periodo di tempo dato che sempre più investitori vengono trascinati dal timore di perdere delle occasioni, ma il rischio di una correzione è in aumento.

Per noi è comunque una ragione per non lasciarci trascinare e mantenere la nostra posizione in sovrappeso nell’azionario, ma solo modesta. Occorre ricordare che l’unica cosa che arresta il mercato rialzista è sicuramente una recessione.  Data l’attuale forza dei dati, sembra molto improbabile che ne avremo una nei prossimi 12 mesi.

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