L’innovazione tecnologica deve alimentare le innovazioni sociali

A cura di Didier Le Menestrel, Presidente di La Financière de l’Echiquier
Immaginare come sarà la nostra vita tra vent’anni è, nell’era della rivoluzione digitale, un esercizio rischioso. La trasformazione del mondo, disordinata e frenetica, e la traiettoria vertiginosa che evocavamo in un precedente Editoriale si confermano giorno dopo giorno e con notizie sempre più folli (conoscete la storia delle criptovalute?) su questo universo di tutti i “possibili” che prende forma sotto i nostri occhi.
L’eccitazione dei rari privilegiati che guidano questo movimento è eguagliata soltanto dalla paura che coglie i più di fronte a questo avvenire così vicino nel tempo ma anche così lontano nel suo funzionamento. Come reinventare la nostra società in sintonia con questi sconvolgimenti che trasformeranno il nostro modo di lavorare (i robot ci prenderanno il lavoro?), di vivere (sempre più velocemente, sempre più lontano) o anche di pensare (come essere intelligenti domani?).
Una cosa è certa: l’innovazione tecnologica deve poter alimentare le innovazioni sociali, senza le quali non c’è Progresso. Questo vastissimo argomento è da secoli al centro delle riflessioni dei più grandi filosofi, in particolare di tutte le correnti di pensiero sul futuro del capitalismo, il quale, se non si autodistrugge come aveva predetto Marx, deve quantomeno reinventarsi.
Il capitalismo sta vivendo oggi “la più grande mutazione della sua storia” con l’emergere di un “capitalismo per tutti” che dà a ognuno i mezzi per diventare produttore e creare valore. Un “microcapitalismo” che non è un’utopia, bensì una realtà grazie a questa nuova economia dove tutto si condivide e dove ciascuno è libero di decidere come destinare le proprie risorse.
Questa rivoluzione, esposta in un libretto dalla copertina rossa ad opera di François-Xavier Oliveau, induce già una riflessione sul ruolo delle nostre politiche pubbliche attuali. Ci invita a ripensare il nostro patto sociale, profondamente inadatto al nuovo mondo che sorge: i nostri dispositivi di solidarietà nazionale, e in primo luogo i regimi pensionistici, saranno presto incapaci di assolvere la loro missione. E l’individuo sarà chiamato alle proprie responsabilità anche su questi aspetti…
È venuta l’ora di cambiare modello e di trovare nuove vie per impostare il corretto funzionamento della nostra vita in comune. Tra le nuove idee che emergono si fa strada il principio di un reddito universale. Immaginiamo per un attimo che alla nascita ciascuno riceva una somma di denaro senza che nulla sia chiesto in cambio, una sorta di budget che si sostituirebbe a ogni altra forma di sostegno pubblico. Ognuno sarebbe allora libero di finanziarsi la previdenza sociale, risparmiare per gli studi dei figli, lanciare un progetto imprenditoriale… e anche di decidere come provvedere alla propria pensione, con un prodotto di risparmio previdenziale per la famiglia, senza l’intervento fiscale dello Stato… Affascinante!
Il mondo che si annuncia è molto difficile da comprendere, tuttavia dobbiamo fare questo sforzo di riflessione per il benessere dei nostri figli. Una cosa è certa: non si potrà fare niente se non ripensiamo la loro istruzione, che “deve inculcare loro competenze diverse da quelle delle macchine”1. Affinché ognuno divenga creatore di performance sul lungo termine, è necessario saper utilizzare e padroneggiare gli strumenti che si hanno a disposizione. La conoscenza è un asset di partenza che, alla pari del reddito, deve essere universale…

 

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