Le società asiatiche imparano a remunerare gli azionisti

A cura di Jason Pidcock, gestore del fondo Jupiter Asia Pacific Income
Nel 1993, quando ho iniziato ad investire per la prima volta in titoli azionari ad alto rendimento in Asia, non c’erano tante società tech che distribuivano dividendi su cui si poteva investire. Oggi, invece, ce ne sono moltissime. Nel mezzo, si sono susseguiti una crisi finanziaria, un miglioramento dei bilanci e una maggiore comprensione dell’importanza di ricompensare gli azionisti, fattori che hanno contribuito a plasmare anche nella regione asiatica una “cultura dei dividendi”.
La TSMC di Taiwan indica la strada da seguire. Alcuni Paesi sono partiti prima degli altri. A Taiwan, tra la metà degli anni Novanta e l’inizio del Duemila, le aziende tech hanno aumentato i loro dividendi a un ritmo notevole; TSMC, il gigante tech produttore di chip, aperto la strada. Molte di queste società avevano in comune posizioni finanziarie nette molto positive e modelli di business che potevano resistere agli alti e bassi dei cicli economici. Molte, poi, erano abbastanza “liquide”, nel senso che era facile acquistare e vendere le loro azioni. Nel caso di TSMC, anche dopo una diminuzione degli utili nel 2009, la società è stata in grado di mantenere stabile il suo dividendo, in parte grazie alla solidità del suo bilancio, ma anche per la posizione dominante sul mercato dei semiconduttori.
Il caso di TSMC dimostra anche il potere della leadership di mercato. Le imprese più piccole seguono di frequente l’esempio dei grandi operatori del settore. TSMC, attraverso la sua politica dei dividendi, ha inviato un chiaro messaggio: anche gli azionisti devono essere ricompensati per il loro investimento. Questo messaggio non è passato inosservato presso altre aziende tech di Taiwan, come Hon Hai, Mediatek e Delta Electronics, che hanno implementato o migliorato le loro politiche di distribuzione dei profitti. Fino a poco tempo fa, le imprese asiatiche hanno accolto troppo spesso con favore l’investimento di capitale da parte di azionisti di minoranza, senza comprendere appieno che questi investitori si aspettano una fetta di utili futuri attraverso i dividendi. Se consideriamo la Corea del Sud, ad esempio, solo quattro anni fa sarebbe stato molto difficile trovare un’azienda tech – o in effetti una società di qualsiasi settore – che distribuisse utili dignitosi. Il fattore di cambiamento è stato una decisione di Samsung Electronics di adottare una politica più generosa in materia di distribuzione dei dividendi. Da allora, l’azienda ha aumentato i suoi profitti piuttosto rapidamente. Come nel caso di Taiwan, altre aziende tech coreane stanno iniziando a seguire la stessa rotta.
Segui il leader. Laddove non vi sia alcuna società che possa fare da modello, i tassi di distribuzione dei dividendi possono rimanere bassi. Ne è un esempio l’India. Sono poche le grandi aziende indiane quotate in Borsa che hanno un alto tasso di payout. Per alcune, i livelli elevati di indebitamento rappresentano un ostacolo, per altre vi è ancora molto da guadagnare reinvestendo i profitti. Quando finalmente un’azienda indiana rappresentativa si ergerà ad esempio, i payout ratio potranno aumentare in maniera più sostanziosa, com’e abbiamo visto accadere in altri Paesi. Il trend è di solito lo stesso: il payout ratio aumenta, raggiunge un livello massimo, ma raramente scende tornando ai livelli precedenti. Attualmente, le società della zona dell’Asia del Pacifico, escluse quelle giapponesi, versano in media circa il 40% dei loro utili netti come dividendi agli azionisti. Tale livello non è mai sceso sotto le soglie precedenti alla metà del 1990, quando il tasso medio di rimborso si è attestato intorno al 30%.
Il regime fiscale sui dividendi può essere un’altra motivazione dietro la scelta di pagare dividendi più alti, proprio come avviene in alcuni Paesi asiatici. Molte aziende in Asia sono ancora di proprietà delle famiglie che le hanno fondate. Quando i membri di una famiglia sono coinvolti nella gestione della società, spesso sono più che felici di percepire un flusso di reddito tramite i dividendi, questo avviene soprattutto nei Paesi in cui la ritenuta fiscale sui dividendi è bassa. A Hong Kong, ad esempio, non esiste alcuna ritenuta fiscale sui dividendi, mentre in altri mercati può essere più efficiente dal punto di vista fiscale effettuare operazioni di riacquisto di azioni. Non è così in Asia, dove il riacquisto di azioni è molto meno frequente che, per esempio, nel Regno Unito o negli Stati Uniti.
Quando pagare ripaga. Anche la crisi finanziaria asiatica del 1997-98 ha contribuito a rafforzare l’attrattiva della distribuzione dei dividendi. Molte famiglie che avevano fondato alcuni dei maggiori gruppi asiatici hanno perso denaro durante la crisi. Rendendosi conto della necessità di diversificare la loro ricchezza, molti hanno sottratto denaro alle loro società attraverso la distribuzione dei dividendi, in modo da poter reinvestire altrove. Dato che questa mossa, in generale, ha avuto un impatto positivo sul prezzo delle azioni dell’azienda, ciò ha contribuito a creare una cultura della distribuzione regolare dei dividendi, con grande soddisfazione degli azionisti di minoranza.
In effetti, gli azionisti sono diventati nel complesso molto più attivi in Asia, quando si tratta di spingere le imprese a premiarli per i loro investimenti, soprattutto nel caso dei governi nazionali, che sono importanti azionisti di molte società quotate nella regione. Possiamo citare il caso di China Mobile, di cui il governo cinese è il principale azionista. Per anni l’azienda ha avuto un tasso di distribuzione dei dividendi al 43%, un livello piuttosto basso in una regione in cui le società di telecomunicazioni pagano fino al doppio dei loro guadagni in dividendi.
Apparentemente, però, sotto la pressione del governo, tale tasso è in aumento, con un rapporto dei dividendi sulle azioni ordinarie salito al 46% lo scorso anno, insieme al pagamento aggiuntivo di un dividendo speciale. L’azienda ha registrato un notevole saldo netto di cassa, ma poiché il governo era alla ricerca di entrate più elevate per riequilibrare il proprio bilancio, China Mobile è stata messa sotto pressione per aumentare i pagamenti.
Sebbene in questa fase sarebbe sconsiderato affermare che tutte le società asiatiche del settore tech sono diventate galline dalle uova d’oro per gli investitori affamati di profitti, l’importo restituito agli azionisti attraverso i dividendi dovrebbe continuare a migliorare.

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