Occhio ai manometri

A cura di Erik Knutzen, Chief Investment Officer – Multi-Asset Class di Neuberger Berman
Nei giorni successivi alla pubblicazione delle mie ultime Prospettive, dove avevo messo in guardia i lettori contro i rischi di inflazione, il mercato ha indubbiamente aperto le valvole di sfiato. Ci è parso un fatto importante: se l’economia è una macchina, i mercati finanziari corrispondono alle valvole di sfiato mentre i grafici che li rappresentano corrispondono ai manometri. Quando i mercati aprono le valvole di sfiato, è segno che lo sguardo è caduto sui manometri e ha visto le lancette spostarsi sul rosso.
Nell’ultimo Asset Allocation Committee (AAC) Outlook, avevamo anticipato che il passaggio a un nuovo contesto caratterizzato da aspettative di crescita dell’inflazione, un aumento dei tassi e un’accelerazione dell’economia avrebbe portato a un quadro di volatilità più normale. La turbolenza a cui abbiamo assistito un mese fa si è verificata prima di quanto ci fossimo aspettati, ma si è trattato della classica risposta ad una accelerazione dell’inflazione di fine ciclo. Gli asset rischiosi sono rimbalzati e la volatilità implicita si è assestata a livelli storicamente normali (circa 15-20), né alta come durante i primi giorni di febbraio, né bassa come era stata per tutto il 2017. Il rischio di una recessione quest’anno sembra molto lontano e gli investitori, anziché assumere posizioni difensive, stanno tuttora cercando di approfittare dei ribassi.
Tuttavia, contrariamente a quanto accadeva l’anno scorso, gli occhi sono puntati sui misuratori di pressione.
Tre manometri fondamentali
Quest’anno ho viaggiato molto: dalla regione dei Grandi Laghi in USA al Giappone e in Europa e gli investitori mi hanno quasi sempre posto la stessa domanda: quali sono i manometri che noi guardiamo con più attenzione? E dove comincia, secondo noi, il rosso?
Il nostro cruscotto naturalmente pullula di strumenti di misura con cui monitoriamo prezzi di mercato, valutazioni azionarie, utili aziendali e una miriade di dati macroeconomici. Attualmente, però, sono tre i manometri che rivestono per noi una particolare importanza.
L’elemento che un mese fa ha scatenato una correzione è stata la crescita inaspettatamente robusta dei salari negli Stati Uniti, giunta in seguito a un aumento già considerevole del tasso d’inflazione di breakeven nei mercati obbligazionari. Il manometro delle aspettative di inflazione, quindi, è il primo che teniamo sotto la lente: Quando il tasso di breakeven statunitense a dieci anni supererà la soglia del 2,5%, le cose inizieranno a farsi interessanti e potrebbero indurre la Federal Reserve a modificare le proprie politiche. La nostra ricerca tuttavia indica che l’inflazione deve salire sopra il 3% prima di poter incidere seriamente su importanti relazioni di mercato.
Il manometro dei tassi di interesse segue a ruota. Fino a che punto possono salire i tassi prima che il mercato decida di aver fatto il passo più lungo della gamba? Riteniamo che il 3,25% per i Treasury USA a dieci anni sia un livello tollerabile. Un rapido aumento al 3,5%, però, potrebbe spingere i mercati del credito a livelli di stress, richiedere una revisione delle valutazioni nei mercati azionari e un’eventuale reazione potrebbe anticipare la fine del ciclo.
Un terzo manometro importante è quello che monitora l’andamento del cambio del dollaro statunitense contro le altre valute. Se il dollaro si indebolisce ulteriormente, scendendo sotto la soglia di 105 contro lo yen giapponese o superando l’1,30 contro l’euro, gli utili societari in Giappone e in Europa potrebbero risentirne, rischiando di indurre Tokyo e Francoforte a modificare pericolosamente le politiche monetarie in atto. Qualora invece, fatto molto meno probabile, il dollaro si dovesse rapidamente rafforzare, quando inizierà tale apprezzamento a incidere negativamente sui prezzi delle materie prime o sulle economie dei mercati emergenti basate sulle esportazioni, il cui debito in dollari è considerevole?
Una macchina complessa
Noi di Neuberger Berman, non vediamo alcun motivo evidente per cui la fase matura dell’attuale ciclo economico non debba proseguire ancora per diversi mesi, magari fino al 2020 inoltrato. Tutto ciò che serve è un’inflazione a livelli accettabili, un aumento moderato e prevedibile dei tassi di interesse e una ridimensionamento ordinato dei bilanci delle banche centrali.
Ma i mercati si muovono raramente con ordine e l’economia è una macchina molto complessa. Quest’anno ci apsettiamo che i giri e la temperatura dei motori saliranno ed è per questo motivo che gli investitori oggi osservano i manometri con maggiore attenzione: per cogliere eventuali segnali di un motore fuorigiri o di surriscaldamento. Se le lancette si spostassero sul rosso potrebbe essere opportuno dare al portafoglio un orientamento più difensivo, per essere pronti qualora il mercato aprisse davvero le valvole di sfiato.

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