Sui mercati domina la volatilità: guerre commerciali e valutarie il campo di confronto

A cura di Alessandro Allegri, Ad di Ambrosetti Asset Management Sim
Dopo uno dei migliori inizi d’anno a memoria d’investitore azionario, il mese appena trascorso ha introdotto qualche elemento di incertezza in più e ha riportato in auge il tema della volatilità, da tempo praticamente assente sui mercati.
Febbraio ha infatti presentato una dinamica accidentata con flussi iniziali in vendita significativi che hanno riportato i principali indici in territorio negativo. Se da un lato i recuperi registrati dopo la significativa discesa sono solo una parziale risposta alla dinamica ribassista, dall’altro hanno evidenziato la validità delle aree di minimo testate come un’interessante opportunità di acquisto a prezzi “scontati”, oltre a riproporsi come base solida di tenuta all’eventuale riemergere di tensioni in vendita.
L’elemento volatilità si propone quindi come tema discriminante anche nelle prossime settimane, rendendo più impegnativa la gestione degli investimenti ma, al momento, non alterando la struttura prospettica dei mercati che rimane impostata a favore di una continuazione della crescita in logica di medio periodo.
In questa fase i risultati di performance riassumono puntualmente i valori in campo; Giappone e Area Euro hanno presentato le maggiori fragilità registrando nelle scorse settimane discese ben al di sotto dei minimi di gennaio, mentre Stati Uniti ed mercati emergenti hanno evidenziato una capacità di reazione alle vendite decisamente superiore, segno di un buon vigore e di una maggiore voglia di riprendere in breve tempo il terreno perduto. Anche le recenti dinamiche indicano quindi come gli operatori, in questa fase, stiano premiando maggiormente il sostegno da parte dei dati fondamentali come ancora preponderanti rispetto alle valutazioni di prospettiva e a una scommessa sulle attese.
Un ulteriore elemento importante in questa fase è certamente legato al fatto che la fuoriuscita di capitali dall’azionario non sia stata corrisposta in nessun modo da alcun incremento, in termini di flussi e performance, a favore di altre variabili finanziarie in particolare di quelle che tipicamente vengono ritenute un solido rifugio.
Quindi nessun effetto “Fly to Quality” sta rimescolando le carte in tavola. Alla negatività delle azioni si affiancano infatti risultati deludenti per l’Oro (- 1.99% nel mese) e una pressione in vendita sull’obbligazionario a livello globale, trainata dal significativo rialzo tassi in America (T-Note -0.76% a febbraio). Guardando alle performance, anzi, i numeri spiazzano completamente la visione più tradizionalista mostrando che, in un mese difficile, a comportarsi meglio sono state la borsa brasiliana (+0.52%), quella russa (+0.30%) e i titoli del comparto tecnologico (- 0.34%), strumenti tipicamente considerati non certo difensivi.
Come accennato non sono state le materie prime ad attrarre capitali nelle scorse settimane con il petrolio in flessione di oltre il 3% nel mese, e dunque è solo cresciuta la disponibilità liquida, in attesa di nuova destinazione nei mesi a venire. I mercati, dunque, iniziano oggi a prendere coscienza delle evidenze economiche. Sul lato obbligazionario, in particolare, il recente e significativo rialzo dei rendimenti sui titoli di stato Usa (+50bps Ytd) appare come logica conseguenza di un’economia in netta ripresa, un prodotto interno lordo in crescita, l’approssimarsi della piena occupazione, le aziende sane e in utile e un’inflazione in linea con gli obiettivi.
Il mercato, in tal senso, sconta il naturale e definitivo mutamento della politica monetaria e il ritorno della crescita inflazionistica come elemento cardine su cui far girare il futuro obbligazionario e non solo. In questo contesto quindi la dinamica dei tassi americani vista in questi primi mesi rappresenta con alta probabilità solo il primo passo di un movimento rialzista che ci accompagnerà per molti mesi sebbene nell’immediato le attese siano di un graduale assestamento in quanto risulta improbabile che i tassi riescano a proseguire, fin da subito, con questo ritmo di salita.
Diversa la condizione dell’area Euro e del Giappone, dove i progressi del ciclo economico sono chiaramente in ritardo e dove le tensioni rialziste resteranno mitigate dall’atteggiamento della Banca Centrale. Il nervosismo invece permarrà più elevato sul fronte valutario. L’eccessiva debolezza del Dollaro ha sollevato diversi malumori aumentando la tensione fra le banche centrali e facendo tornare caldo il tema della guerra commerciale e valutaria, ora vero campo di confronto fra le economie sviluppate.
Le prossime settimane non risolveranno certo la tematica che ha valenze strategiche, tuttavia dovrebbero permettere un graduale riequilibrio e un indebolimento graduale dell’Euro. L’impostazione di fondo resta quindi favorevole ai mercati azionari sebbene alle prese con volatilità in aumento, elemento poco gradito in generale ma utile per riallocazioni su eventuali nuove flessioni.
Per il MESE DI MARZO viene mantenuto un profilo di investimento azionario significativo. In termini di allocazione si conferma il parziale sottopeso dell’azionario americano a favore di mercati emergenti, di Giappone e area Euro mentre a livello settoriale permane il posizionamento su Utilities e Basic Material. Sugli strumenti obbligazionari resta prudente l’investimento con alleggerimenti sulle tematiche a spread e sugli emergenti a favore dei governativi in particolare statunitensi. In incremento l’esposizione valutaria extra Euro.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!