A cura di Pictet Am
Questa tempesta che si è abbattuta sui mercati a febbraio, ha contribuito ad eliminare parte della schiuma depositata sulle valutazioni azionarie. A seguito della vendita massiccia, il rapporto P/E per le azioni USA è sceso a 17 x da 18,8 x a fine gennaio. Tuttavia, il fatto che il mercato sia meno caro non significa che sia conveniente o addirittura che abbia un valore interessante.
Gli Stati Uniti sono ancora di gran lunga la regione più costosa tra le principali nel mercato azionario globale, in base ai nostri modelli. Infatti, considerati i suoi ultimi 20 anni di storia, offre oggi valutazioni peggiori rispetto a tre mesi fa.
Ancora più preoccupante, questa situazione si verifica in un momento in cui le previsioni degli analisti sugli utili societari paiono decisamente ottimistiche. Le stime di consenso indicano un aumento degli utili in crescita del 19% quest’anno, un ritmo che in base alla nostra ricerca si è verificato solo quando l’economia cresceva ad un ritmo nominale del 5,9% annuo, ossia con un clamoroso dato di 1,5 punti percentuali oltre il tasso attuale. Per questo motivo riteniamo che, tranne che per un significativo deprezzamento del dollaro, la crescita degli utili difficilmente ci regalerà sorprese positive. E, sulla base delle recenti reazioni di mercato, le società i cui utili non sono soddisfacenti potrebbero essere fortemente penalizzate dai prezzi delle azioni. Aggiungiamo al mix i tassi d’interesse in crescita, e le ragioni di una posizione sottopesata sulle azioni statunitensi ci paiono decisamente numerose.
Altrove nel mondo sviluppato, le azioni giapponesi paiono più interessanti – non solo rispetto alle omologhe statunitensi, ma anche a quelle europee – in termini sia di valutazioni che di prospettive di crescita nel breve termine. Mentre l’economia giapponese continua ad accelerare, sospinta in parte dalla domanda d’oltreoceano di esportazioni. Gli indicatori anticipatori europei, benché solidi – stanno iniziando a stabilizzarsi. Crediamo che si tratti almeno in parte di una tendenza temporanea, indotta dal fatto che i sondaggi sul sentiment delle aziende e dei consumatori europei sono tradizionalmente più sensibili ai picchi di volatilità di mercato, come quelli registrati all’inizio dell’anno. Ciononostante, riteniamo che vi siano sufficienti ragioni per ridurre il sovrappeso in Europa.
A livello settoriale, crediamo che le azioni cicliche abbiano ancora spazio per un apprezzamento prima che rendimenti obbligazionari maggiori e un’inversione del ciclo economico riportino il sentiment a favore dei titoli difensivi. I finanziari rimangono la nostra scelta privilegiata, per via della capacità delle banche di beneficiare di tassi d’interesse maggiori.
Intravediamo opportunità negli energetici e nei titoli legati ai materiali e, sul fronte difensivo, nei titoli sanitari. Per contro, siamo cauti sui beni di consumo discrezionali e sui titoli industriali, i due settori più costosi nel nostro universo. Siamo anche sottopesati su due settori difensivi (servizi di pubblica utilità e beni di consumo di base) che non sono abbastanza convenienti e hanno prospettive di utili scadenti, per via di margini in flessione. Questi titoli tendono anche a risentire più di altri dell’aumento dei rendimenti obbligazionari.