Improbabile una guerra commerciale globale, ma l’ondata protezionistica continuerà

A cura di Raiffeisen Capital Management
Alla doccia fredda di inizio febbraio, sui mercati azionari e obbligazionari dei Paesi emergenti (EM) hanno fatto seguito per lo più stabilizzazioni e riprese. Alla fine del mese, tuttavia, quasi ovunque sono state registrate delle notevoli perdite dei corsi. Le obbligazioni EM hanno perso circa il 2%; l’indice azionario MSCI EM addirittura il 4,8%. I mercati azionari dei paesi industrializzati hanno tenuto un po’ meglio con una perdita del 4,3% circa. Contrariamente al trend, gli indici azionari in Russia e Brasile hanno registrato lievi guadagni, mentre Cina, Polonia e Ungheria hanno subìto cali eccezionalmente significativi. Il rapido aumento della volatilità a febbraio dovrebbe essere stato influenzato da più fattori.
 
Sta per scadere il tempo dell’attuale “scenario di goldilocks”? Sono stati però sicuramente più determinanti i timori relativi ad un aumento più marcato dell’inflazione e, di conseguenza, di notevoli rialzi dei tassi d’interesse. I mercati azionari negli ultimi anni sono stati sostenuti e spinti vero l’alto in larga misura dal contesto di “goldilocks“, cioè da una forte crescita con contemporanea inflazione modesta e tassi bassi. Il fatto che questa fase continui da così tanti anni è da attribuire in gran parte alla situazione di partenza dopo la crisi economica e finanziaria globale. Si è dovuto ridurre in primo luogo le sovraccapacità relativamente elevate a livello mondiale prima che potesse manifestarsi una significativa pressione inflazionistica. E una parte consistente della liquidità messa a disposizione dalle banche centrali non è andata all’economia reale, ma ai mercati finanziari e immobiliari.
Rialzo più forte dell’inflazione, sì o no? Ora esiste la paura che alla fine della ripresa economica già estremamente lunga, le forze disinflazionistiche siano in gran parte esaurite e che, di conseguenza, i tassi d’inflazione potrebbero riprendere a salire. Parallelamente, le banche centrali cercano di normalizzare i tassi guida, i loro bilanci massicciamente gonfiati e di ridurre gradualmente l’enorme stimolo monetario, cosa che tendenzialmente ha un effetto disinflazionistico. Bisogna, dunque, aspettare se ci sarà effettivamente un forte aumento dell’inflazione. Ci sono buoni argomenti a favore, ma anche a sfavore di un tale scenario. Questa serie di questioni nei prossimi trimestri dovrebbe avere un impatto nettamente più importante sui mercati finanziari rispetto agli anni passati.
Trump sorprende con l’annuncio di dazi doganali. A proposito di difficoltà e sorprese: le misure protezionistiche contro le “pratiche commerciali sleali” e la rinegoziazione dell’accordo NAFTA sono stati un tema centrale della campagna elettorale di Donald Trump. I mercati finanziari avevano però in gran parte rimosso questo rischio negli ultimi 12 mesi. Tanto più sono stati sorpresi dagli annunci alquanto imprevisti dei dazi doganali su acciaio e alluminio della Casa Bianca di inizio marzo. La portata di queste misure è sostanzialmente irrilevante per l’economia mondiale, perché riguardano meno dello 0,3% delle esportazioni globali e meno del 2% delle importazioni USA. Il loro significato sta più che altro nel fatto che potrebbero essere l’inizio di misure protezionistiche più ampie.
Una guerra commerciale globale è improbabile dal punto di vista odierno, ma l’ondata protezionistica non cesserà così presto. A questo punto sembra improbabile che possa dare origine a una guerra commerciale importante. Comunque, non lo si può del tutto escludere soprattutto perché a fine anno si terranno le elezioni parlamentari negli USA. Ad ogni modo esiste il rischio che Trump di tanto in tanto si giochi la carta di ulteriori simili misure. Al momento della chiusura della redazione circolavano già speculazioni su un pacchetto di misure previste e di gran lunga più importanti che sarebbe rivolto specificamente contro la Cina. Questi ulteriori problemi non rendono più semplice le azioni delle banche centrali.
Le tendenze congiunturali e degli utili continuano a puntare verso l’alto. Fintanto che, sul fronte commerciale, non ci sarà alcuna escalation, nei prossimi mesi si dovrebbe porre maggiore enfasi sui dati economici tuttora favorevoli e sul momentum degli utili aziendali positivo. Quest’ultimo non sembra ancora essersi esaurito soprattutto per i paesi emergenti. Dovrebbe però essere altrettanto chiaro che i tempi dei “buoni affari” sui mercati azionari EM sono in gran parte finiti e che i corsi azionari riflettono già almeno una parte della futura crescita degli utili.

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