Bric, l’India crescere più della Cina, ma c’è ancora molta strada da fare

A cura di Raiffeisen Capital Management

Cina – Abolizione del limite ai mandati del presidente della Repubblica: ci sono dei motivi assolutamente fondati nel non effettuare alcun cambiamento di turno della leadership nel 2022
A causa delle forti distorsioni dovute ai giorni di festa intorno al Capodanno, i dati congiunturali cinesi non sono, in via eccezionale, un tema in questo report. L’argomento di discussione numero uno ultimamente è stato comunque l’annuncio di Pechino di voler abolire il limite dei mandati del presidente della Repubblica. Parallelamente, si intende inserire nella costituzione i principi guida del capo di Stato e di partito Xi Jinping. Ovunque nelle notizie apparse sui mezzi d’informazione al di fuori della Cina si leggeva dell’insediamento di “un capo di Stato a vita”, ora non ci sarebbero più limiti temporali al regno di Xi ecc. L’agitazione sembra, tuttavia, esagerata. Il potere decisivo a Pechino da sempre è nelle mani del segretario generale e del “Politburo” del partito comunista cinese e finora non c’è mai stato alcun limite ai mandati per il posto del segretario generale. Ciò non significa che le modifiche alla costituzione effettuate finora siano marginali. Non rappresentano però una svolta così radicale come potrebbe sembrare a prima vista. Negli organi direttivi del Partito comunista da tempo si presta inoltre attenzione affinché venga mantenuto un complesso equilibrio dei poteri delle frazioni e regioni. Al momento non vi sono segnali che in futuro si voglia rinunciarvi. In effetti, ci sono dei motivi assolutamente fondati per puntare a una continuità personale nei prossimi dieci anni e a non effettuare alcun cambiamento di turno della leadership nel 2022. La lotta alla corruzione, la trasformazione dell’economia e le profonde riforme nel settore finanziario richiederanno inoltre misure impopolari e probabilmente non potranno essere completate entro il 2022. “Cambiare i cavalli in mezzo al fiume” potrebbe risultare fatale, dato che un nuovo capo del partito e dello Stato forse si occuperebbe innanzitutto di rafforzare e salvaguardare la propria influenza e il capitale politico.

Le borse cinesi a febbraio sono state temporaneamente chiuse a causa del Capodanno e, per il resto, sono state particolarmente deboli nel confronto internazionale. Le azioni A quotate sul continente hanno ceduto circa il 6,5%; le azioni H di Hong Kong quasi il 9%.
India – L’India continua a crescere più della Cina, ma la strada da fare è ancora molta
L’India è andata a riprendersi il titolo della grande economia che cresce più velocemente. Nell’ultimo trimestre del 2017 la performance economica è aumentata del 7,2% per anno. Di conseguenza si è lasciata alle spalle il netto rallentamento della crescita in seguito alla riforma valutaria e fiscale ed è cresciuta più delle attese degli analisti. L’entusiasmo è però solo limitato, perché in realtà l’India ha bisogno di una crescita ancora molto più sostenuta per ridurre la povertà e la disoccupazione. La precedente recessione economica è stata inoltre di origine fondamentalmente interna: troppi crediti in sofferenza, una sostituzione del contante improvvisa, in gran parte assurda e insufficientemente preparata, nonché una vasta riforma fiscale non troppo ben pianificata. Rimangono poco chiare le fonti della ripresa economica. Secondo i dati ufficiali sono aumentati nettamente gli investimenti, ma ciò è in contrasto con le richieste di approvazione degli investimenti presentate che di recente sono scese al minimo degli ultimi 13 anni. Non ci sono invece dubbi sul fatto che la spesa pubblica abbia avuto un ruolo fondamentale. Il che allo stesso tempo solleva la questione di quanto a lungo potrà ancora sgorgare questa fonte di crescita prima che il disavanzo di bilancio diventi troppo alto. Per gli Stati dell’Unione e il governo centrale insieme è già pari al 7% circa della performance economica. Nel frattempo, il settore finanziario viene scosso dal più grande scandalo bancario nella storia dell’India. Ironicamente, il presunto mandante della maxi truffa pochi giorni prima della scoperta dell’imbroglio posava ancora insieme al premier Modi in occasione del Forum economico di Davos Non solo sono stati presumibilmente sottratti quasi 2 miliardi di dollari alla “Punjab National Bank”, la seconda banca statale del paese. I dati resi noti finora mostrano enormi deficit nella gestione del rischio e nei sistemi di controllo interni. Questi punti deboli erano però noti da tempo anche alle autorità finanziarie. In generale, le banche statali indiane da anni sono affette da montagne di crediti sofferenti e una parte piuttosto consistente di questi è da attribuire ad attività fraudolente, spesso con l’aiuto attivo di politici e funzionari corrotti. Per il governo indiano ciò è tanto più spiacevole perché, ancora una volta, sta mobilizzando un’enorme quantità di denaro dei contribuenti oltre a capitale privato per consolidare maggiormente le banche statali sotto il profilo finanziario. Secondo il “Times of India“ negli ultimi undici anni sono stati spesi circa 40 miliardi di dollari dei contribuenti per farlo, mentre quasi trecento milioni di indiani (circa il 20% della popolazione) continuano a vivere in condizioni di estrema povertà. Anche la banca centrale deve rispondere a domande scomode a questo proposito. Per le autorità monetarie c’è almeno stata una notizia positiva, perché la pressione inflazionistica di recente è leggermente diminuita.
Il mercato azionario indiano ha tenuto abbastanza bene tutto ciò considerato; il BSE-Sensex ha ceduto il 5% circa a febbraio, più o meno quanto l’indice complessivo dei paesi emergenti.
Brasile  – Il Brasile si lascia definitivamente alle spalle la recessione
Il Brasile ora ha superato anche ufficialmente la recessione – nel 2017 è emersa una lieve crescita dell’un per cento. Tuttavia, la congiuntura nell’ultimo trimestre del 2017 si è rivelata più debole del previsto, sono state sotto le attese in particolare le esportazioni agricole. Nel 2018 si prevede una crescita nettamente più solida pari al 3,2%. Per una crescita sostenibile oltre all’attuale ripresa di breve termine c’è naturalmente bisogno di enormi riforme strutturali.
L’ex presidente Lula da Silva nel frattempo non ha avuto successo con la sua richiesta di sospensione della pena fino alla decisione definitiva del tribunale di massima istanza nel suo processo per corruzione. Secondo i sondaggi, al momento vincerebbe comunque con una larga maggioranza le elezioni presidenziali – se potresse candidarsi. Le probabilità che possa farlo sono ulteriormente diminuite nell’ultimo periodo, anche se Lula intende continuare a lottare per questo e si mostra convinto della propria innocenza e di un’assoluzione da parte della corte suprema. Contemporaneamente quasi la metà degli elettori non intende assolutamente votare per lui. Il fatto che comunque Lula sia il più popolare tra tutti i candidati potenziali, illustra quanto impopolare sia nel frattempo l’intera classe politica brasiliana.
In controtendenza, il mercato azionario brasiliano ha guadagnato marginalmente; allo stesso tempo la valuta del paese ha ceduto però un po’ di più.
Russia – Discorso di apertura del presidente Putin: agenda molto ambiziosa con molte questioni aperte
Il primo marzo Putin ha tenuto un lungo discorso sullo stato della nazione che può essere interpretato come il suo programma elettorale. Per molto più di un’ora Putin si è occupato di temi di politica interna, ha presentato gli obiettivi per i prossimi sei anni e in parte anche i modi con i quali raggiungere questi obiettivi. Inoltre ha presentato in dettaglio nuovi sistemi di armamenti. Questa parte era indirizzata allo stesso modo sia all’interno che all’esterno e conteneva in sostanza un’offerta di dialogo e cooperazione all’occidente, associata a un messaggio intimidatorio molto chiaro: la Russia potrebbe distruggere in ogni momento un possibile aggressore con un contrattacco, nonostante i sempre più numerosi scudi antimissile della NATO ai confini della Russia, e cioè anche senza partecipare a una rovinosa corsa agli armamenti come ai tempi dell’Unione Sovietica. Tutte le armi presentate avrebbero però rigorosamente scopi di difesa e tutte le precedenti offerte di negoziazione della Russia rimarebbero in vigore. Alla parte relativa alla politica interna ed economica sicuramente molto più importante per il popolo russo è stato attribuito di gran lunga lo spazio più grande. Si vuole dimezzare il numero dei poveri, aumentare considerevolmente gli investimenti nel settore della sanità, nell’istruzione e nelle infrastrutture, aumentare il prodotto interno lordo pro capite di oltre il 50% entro il 2025, avvicinare le pensioni all’ultimo salario percepito e aumentare le costruzioni edili. Gli annunci sembrano molto ambiziosi, in particolare se si considerano gli sviluppi degli ultimi anni, esplicitamente riconosciuti da Putin. Il “come” attualmente rimane ancora una questione aperta in molti punti. Sono state sollevate le questioni del rafforzamento dello Stato di diritto e della tutela della proprietà privata, di un graduale ritiro dello Stato dall’economia, della privatizzazione delle banche nonché del clima d’investimento migliore e di una nuova legislazione fiscale. Il problema maggiore non sta nel finanziare i tanti progetti. In questo senso sono indispensabili delle riforme profonde, ma queste rappresentano anche un enorme rischio per la stabilità e la coesione del paese.

Nei confronti degli ultimi anni è sempre prevalsa la necessità di stabilità e controllo. Di conseguenza, bisogna vedere, quali delle modifiche annunciate verranno effettivamente implementate.
Il mercato azionario russo a febbraio ha leggermente guadagnato, contrariamente al trend, sia in valuta locale sia in dollari USA.

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