Obbligazioni, valido l’investimento in America Latina

a cura di Indosuez Wealth Management

Il Federal Open Market Committee del 21 marzo ha sancito, come da attese, l’aumento del costo del  denaro di 25 punti base portando i tassi ufficiali nell’intervallo di 1.50%-1.75%. Le previsioni per il 2018 sono di ulteriori due interventi, per poi passare a tre rialzi nel 2019 e ulteriori due incrementi nel 2020: la previsione è quella di innalzare il costo del denaro a 3.4% entro la fine del 2020.

Per quanto riguarda l’inflazione, le dichiarazioni rimangono caute; il comunicato ufficiale ribadisce  l’obiettivo di mantenere il livello dei prezzi stabilmente al 2%. Le stime sull’inflazione core sono mantenute invariate all’1.9% per il 2018, mentre le stime per il biennio 2019/2020 sono pari al 2.1% rispettivamente, in rialzo di un decimo rispetto alle proiezioni di dicembre: sembra emergere sempre di più la convinzione che, nonostante la rapida riduzione delle risorse inutilizzate, vi siano cambiamenti minimali sulle proiezioni.

La riunione del Consiglio della Banca Centrale Europea di giovedì 8 marzo ha ufficialmente decretato l’inversione nella politica monetaria, rimuovendo dal comunicato ufficiale il riferimento all’aumento dei volumi d’intervento sugli acquisti, un passo obbligato necessario per annunciare, presumibilmente entro la fine del 2018, la fine del programma di riacquisti. Nessuna modifica ha riguardato invece i tassi ufficiali e i parametri dei programmi di riacquisto. Mario Draghi ha infatti confermato sia la guidance sulla politica di reinvestimento che quella sui tassi. Lo scenario di crescita, al di sopra delle attese, è stato confermato dalle nuove previsioni. La stima per il 2018 è stata rivista al rialzo al 2.4%. La crescita per il biennio 2019 e 2020 è prevista, come in precedenza, in leggero calo ma comunque consistente, all’1.9% nel 2019 ed all’1.7% nel 2020. Per quanto riguarda le previsioni sull’inflazione, queste rimangono sostanzialmente invariate, in crescita contenuta e stabile e ben al di sotto del target: all’1.4% nel 2018–19 e in aumento all’1.7% nel 2020.

Obbligazioni Governative

Stati Uniti – Il movimento rialzista della curva dei tassi americani, iniziato a settembre 2017, ha subito un parziale ridimensionamento nelle ultime settimane. Si stima che la correzione possa continuare nel breve periodo, ma si prevede un floor intorno al livello di 2.6% del rendimento del decennale americano, con un trading range confermato tra il 2.6% e il 3%. Il nostro target di metà anno viene ribadito intorno al livello di 2.9%.

Area Euro – I tassi europei hanno seguito l’andamento di quelli americani. Il mercato ha comunque interiorizzato l’avvio della nuova fase della politica monetaria della BCE, gradualmente meno accomodante. Ribadiamo il trading range tra 0.6% e 1% del rendimento del Bund decennale. La view sull’asset class obbligazionaria governativa rimane comunque prudente, anche se si sfruttano tatticamente i movimenti all’interno dell’intervallo individuato, allungando la duration dei portafogli in corrispondenza del limite superiore e riducendola in corrispondenza del limite inferiore.

Obbligazioni Corporate

Nel mondo delle Obbligazioni Corporate le nostre preferenze rimangono immutate: negli USA preferiamo i titoli Investment Grade, in area Euro preferiamo i titoli High Yield.

Stati Uniti – Gli Investment Grade americani risultano ancor più interessanti rispetto al recente passato, grazie a valutazioni in miglioramento dovute alla all’aumento del rendimento offerto, pari a circa il 4%. Per le emissioni High Yield americane si continua a consigliare cautela ed un approccio selettivo.

Europa – Il mercato dei Corporate Investment Grade europeo viene costantemente monitorato, a causa della probabile potenziale riduzione dell’ammontare degli acquisti diretti da parte dell’autorità di politica monetaria. Le valutazioni rimangono elevate, a fronte di rendimenti sempre meno attraenti, anche se risultano ancora interessanti alcune emissioni come quelle dei subordinati finanziari e dei titoli ibridi. Si continuano a preferire le emissioni High Yield, grazie al continuo processo di riduzione della leva finanziaria, al basso tasso di default e al persistere di livelli di spread a supporto dell’investimento.

Obbligazioni Paesi Emergenti

Sempre positivo è il giudizio sulle obbligazioni governative ed in particolare sulle emissioni corporate dei Paesi Emergenti, con preferenza geografica per l’Asia e l’America Latina. Le emissioni obbligazionarie Corporate emergenti continuano ad offrire spread molto interessanti, supportati da fondamentali economici in miglioramento che rendono le necessità di rifinanziamento assolutamente sotto controllo.

Su base geografica, sebbene le incertezze politiche in Brasile, Messico ed Argentina, si ritiene ancora valido l’investimento in America Latina. L’approccio consigliato è però quello volto a ridurre progressivamente l’esposizione all’area all’avvicinarsi delle elezioni.

Il mercato asiatico offre al momento le opportunità migliori sia in termini assoluti che relativi. In Asia, il carry offerto dai titoli Corporate, appare ancora supportato dall’attuale fase di espansione economica; a livello valutativo non si registrano eccessi tali da giustificare una presa di profitto. Inizialmente la nuova politica commerciale del Presidente Trump non era stata considerata fautrice di conseguenze realmente negative per la crescita dell’economia globale. Le prime misure protezionistiche, riguardanti le importazioni di specifici beni come pannelli solari, legname ed elettrodomestici, sembravano rappresentare un mero strumento di propaganda politica, utilizzato da Trump per calmare la parte più oltranzista del suo elettorato, scontento dalla mancata approvazione di leggi atte a perseguire il progetto “America first!”.

L’introduzione dei dazi su alluminio ed acciaio e l’annuncio del 22 marzo, riguardante nuovi dazi su circa il 12% di importazioni dalla Cina, ha generato la presa di profitto che sta caratterizzando i principali listini azionari globali: il mercato ha realizzato l’effettiva pericolosità delle dichiarazioni e, soprattutto, il fatto che tutte le misure annunciate siano parte di una strategia di riduzione del disavanzo commerciale americano.

Dietro le manovre protezionistiche dell’amministrazione americana si cela l’obiettivo di costringere i singoli partner commerciali a regolare le relazioni su base bilaterale, sfruttando quindi la potenza commerciale degli Stati Uniti e ponendo in forte discussione l’intero sistema WTO. La pratica economica insegna che tale politica protezionistica avrebbe come unico risultato quello di aumentare le barriere al commercio internazionale, determinando una probabile guerra commerciale con effetti riduttivi sulla crescita. Al momento i dati di crescita sincronizzata delle maggiori economie continuano a delineare un quadro macroeconomico di supporto per le performance dei principali listini azionari. L’avvio della reporting season del primo trimestre 2018 è alle porte. Le stime degli analisti, allineate ai dati rilasciati dalle società nel quarto trimestre del 2017, incorporano, soprattutto per gli Stati Uniti, gli effetti della riforma fiscale e rendono sicuramente più difficile la possibilità di registrare revisioni al rialzo. Le settimane a venire saranno caratterizzate ancor di più da una maggior volatilità dei listini. Si ribadisce quindi la strategia di utilizzare eventuali debolezze del mercato per riequilibrare l’esposizione geografica dei portafogli, mantenendo l’esposizione totale della componente azionaria leggermente sottopesata.

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