Francia, riduzione del deficit importante per l’area Euro

a cura di Amundi

Nel 2017 il deficit in Francia è sceso al 2,6% del PIL, un dato nettamente superiore alle attese. Soprattutto, è la prima volta dal 2007 che il rapporto deficit/PIL scende al di sotto del tetto europeo del 3%. Eppure vi sono comunque alcune riserve, in particolare per via del fatto che tale risultato è stato ottenuto più grazie a un aumento delle imposte (dal 44,6% al 45,4% del PIL in un anno) che non a una riduzione della spesa (pressoché stabile al 56,5% del PIL, uno dei rapporti più alti al mondo), contraddicendo le intenzioni annunciate dal governo. Tuttavia, c’è stato anche il concorso di fattori eccezionali, ed è troppo presto per dare un voto finale a un team che è in carica da meno di un anno.

Il messaggio principale è che questi dati francesi rappresentano una buona notizia per l’euro da un duplice punto di vista. 1) La Francia (insieme alla Spagna) è il Paese con il deficit più alto della regione. Riducendo il deficit, diminuiscono anche le divergenze tra gli Stati membri. 2) La credibilità fiscale della Francia è cruciale per la Germania (dove la stampa ha accolto favorevolmente la notizia). Ora che la Germania ha una nuova maggioranza di governo, dovrà rispondere alle richieste, avanzate soprattutto dalla Francia, di rafforzare le istituzioni nella zona Euro, e ciò significa inevitabilmente una maggiore centralizzazione dei rischi. La convinzione che la Francia sia affidabile è fondamentale per indurre i leader e l’opinione pubblica tedesca a muoversi in questa direzione. Al mutamento della percezione dovrebbe contribuire non solo il miglioramento fiscale, ma anche le riforme attuali e future del governo francese soprattutto in materia di mercato del lavoro e di politiche fiscali più favorevoli alle imprese.

Uno dei cambiamenti proposti da alcuni think tank vicini ai poteri politici è la revisione delle regole europee in materia di bilancio, che diventerebbero meno pro-cicliche (“le spese nominali non dovrebbero crescere più velocemente dei redditi nominali a lungo termine” il che, in breve, significa maggiore tolleranza verso il deficit in caso di recessione.) Qualsiasi mossa in questa direzione sarà molto più facile da un punto di vista politico se ci sarà già stata una diminuzione dei rischi e dei deficit.

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