Azioni Giappone Large Cap, Etf a confronto

A cura di Morningstar
Il Giappone, terza economia del mondo, ha passato per gran parte degli ultimi tre decenni a lottare contro forti pressioni deflazionistiche persistenti e contro un debito pubblico che non smette di crescere; un contesto, questo, creato principalmente dai bassi livelli di crescita e da una popolazione che invecchia.
A fine 2012, il primo ministro Shinzo Abe ha annunciato il lancio di una serie di misure di stimolo fiscale, un mix di allentamento monetario e riforme strutturali finalizzato a rilanciare l’economia stagnante del Paese. L’effetto principale di queste politiche, collettivamente indicate con il nome di “Abenomics”, è stato un forte calo dello yen.
In seguito all’introduzione di tale politica, le azioni giapponesi hanno registrato un andamento favorevole in quanto i prezzi delle attività e le spese per i consumi sono aumentati in concomitanza con lo yen deprezzato, il quale ha avuto un impatto particolarmente significativo sulle aziende orientate all’esportazione come Toyota o Sony, che generano dal 70 al 80% dei loro ricavi all’estero. Il Pil giapponese è balzato nel 2017 dell’1,6%, dopo lo 0,9% del 2016. Il Fmi stima invece una crescita dell’1,2% per il 2018.
Evoluzione dell’indice Morningstar Japan NR a un anno

Dati in euro al 6 aprile 2018
Fonte: Morningstar Direct

Nel 2014, la Banca del Giappone ha preso la decisione di raddoppiare l’esposizione del fondo pensionistico pubblico (che gestisce 1.200 miliardi di dollari) alle azioni domestiche dal 12 al 25%, oltre ad adottare tassi di interesse negativi all’inizio del 2016, al fine di contenere le pressioni deflazionistiche che non accennano a diminuire. Attualmente, il tasso sui depositi è al -0,1% e l’obiettivo di rendimento del decennale nipponico intorno allo zero per cento.
Guardando al futuro, l’accordo di libero scambio Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP) dovrebbe portare diversi benefici all’economia giapponese. Il trattato, nato sotto il nome di Trans-Pacific Partnership con lo scopo di abbattere le tariffe fra una dozzina di nazioni americane e asiatiche, ha visto il ritiro degli Stati Uniti nel gennaio 2017, uno dei primi atti ufficiali del presidente statunitense che ha voluto così mantenere la promessa che aveva più volte annunciato durante la campagna elettorale.
Il nuovo accordo (firmato l’8 marzo a Santiago del Cile) costringerà però l’economia giapponese a grandi cambiamenti in alcuni dei settori più protetti. In effetti, alcune delle misure prese dal governo riguardano il miglioramento della corporate governance, della flessibilità e produttività della forza lavoro, nonché della limitata partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
L’offerta europea
Nel Vecchio continente sono quotati 33 Etf dedicati al mercato azionario giapponese a grande capitalizzazione. Di questi, 15 sono quotati anche su Borsa Italiana.

Tra i replicanti disponibili agli investitori europei, ce ne sono attualmente sette coperti dalla ricerca Morningstar, tutti presenti nella tabella precedente.
Tra questi, si distinguono per masse gestite l’Xtrackers MSCI Japan UCITS ETFe l’iShares Core MSCI Japan IMI UCITS ETF.
Il primo ha visto il proprio Analyst Rating passare da Silver a Bronze nel settembre 2017. Gli analisti di Morningstar, infatti, restano convinti che questo fondo possa battere i propri concorrenti su di un ciclo di mercato completo, ma, rispetto al benchmark replicato, l’MSCI Japan NR, hanno un livello di convinzione maggiore per quei fondi che tracciano indici più ampi e rappresentativi, come ad esempio l’MSCI Japan IMI o il FTSE Japan. L’Etf, che usa la replica fisica completa, effettua operazioni di prestito titoli al fine di contribuire a migliorare le prestazioni, i cui ricavi lordi sono divisi 70/30 tra il fondo e Deutsche Bank AG, che svolge il ruolo di agente di prestito. Anche se questa attività può aiutare a compensare i costi a carico degli aderenti, espone potenzialmente gli investitori al rischio di controparte. Per proteggere il fondo viene chiesto ai mutuatari di fornire garanzie superiori al valore del prestito. In generale, non più del 50% del patrimonio del fondo può essere prestato in una sola volta. Le commissioni annue sono pari allo 0,30%, inferiori alla media di categoria, ma tra le più alte se si guardano le sole offerte passive.
Il fondo iShares, invece, usa la replica fisica ottimizzata per tracciare l’MSCI Japan Investable Market Net Return Index. In pratica, l’Etf acquista un insieme di titoli scelti in modo da creare un portafoglio sufficientemente simile a quello del benchmark ma con un numero di componenti inferiore, in modo da ottimizzare i costi di transazione. Con circa 1.200 titoli in portafoglio, il benchmark copre il 99% della capitalizzazione del mercato azionario giapponese. iShares può effettuare il prestito titoli per un importo fino al 100% del valore patrimoniale netto (Nav) del fondo. Blackrock, società madre di iShares, gestisce il processo di prestito titoli e si tiene il 37,5% dei redditi derivanti, mentre il 62,5% restante viene condiviso con gli aderenti all’Etf. Il fondo ha prestato in media il 27% del portafoglio tra giugno 2016 e giugno 2017, generando lo 0,07% di ricavi netti. Le commissioni annue ammontano a 20 punti base, tra le più basse di categoria. Morningstar assegna un Analyst Rating pari a Gold.

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