Jung (Mirabaud AM): “Crescita globale prossima al 4%. Nessun freno da dazi”

A cura di Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud AM

È improbabile che le restrizioni commerciali decise di recente cambino il nostro scenario di base che prevede un’attività economica globale solida e in continua espansione oltre a una crescita globale prossima al 4%.

Nel dettaglio, l’impatto diretto dei dazi stabiliti dall’amministrazione USA e dal governo cinese è solo di second’ordine. A nostro avviso, dopo la decisione iniziale degli Stati Uniti di applicare dazi sull’acciaio e sull’alluminio, è improbabile che la proposta della Cina di applicare tariffe ritorsive del 25% su un totale di 50 miliardi di dollari di importazioni dagli Stati Uniti (inclusi prodotti come la soia, le automobili e gli aerei) abbia un grande impatto sull’attività economica cinese. Lo stesso vale per la proposta degli Stati Uniti di una tariffa aggiuntiva del 25% sulle importazioni cinesi come robot e macchinari. L’impatto indiretto dei dazi – i processi di produzione e distribuzione sono connessi a livello globale – è importante, ma è anche improbabile che possa influenzare negativamente la produzione globale.

Per esempio, in base ai dati OCSE, il 40% delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti proviene da altri Paesi sotto forma di prodotti intermedi. In questo caso, dipenderà dal modo in cui gli altri Paesi, sotto forma di prodotti intermedi, saranno colpiti e da come saranno influenzati i settori specifici dipendenti dall’export. In sostanza, non ci aspettiamo che le attuali restrizioni commerciali colpiscano il ciclo economico globale in maniera significativa.

Per quanto riguarda la nostra allocazione di portafoglio, continuiamo a investire in asset globali rischiosi, anche se con una posizione vicina al benchmark. L’attività globale resta solida, sebbene sia improbabile un’accelerazione significativa. Riteniamo che un grande rischio sia costituito dal fatto che la Federal Reserve continuerà lungo il suo percorso di normalizzazione, e prevediamo quattro aumenti dei tassi d’interesse quest’anno rispetto ai tre anticipati dai mercati. Di recente, abbiamo deciso di avere un approccio più cauto rispetto alle obbligazioni corporate (investment grade) statunitensi, dal momento che riteniamo che i premi al rischio siano insolitamente bassi in questo mercato.

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