Gestione Passiva vs Gestione Attiva

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Il dibattito su questo argomento è sempre acceso e fiumi di parole sono state spese a difesa di una o dell’altra tecnica di gestione.
Oggi voglio portare un esempio e una serie di ragionamenti che spero serviranno a molti per indirizzare le scelte di investimento per il futuro nella giusta direzione.
OTTIMI STRUMENTI
Premetto che non sto parlando di ETF contro Fondi attivi, non è questo il punto essenziale, parto dal presupposto che entrambi gli strumenti siano validi e svolgano correttamente il loro lavoro, quello di distribuire correttamente i rischi ed evitare i principali errori comportamentali degli investitori che acquistano e si innamorano di un solo titolo e quindi concentrano, spesso senza saperlo speranze, ma anche rischi che spesso ignora.
GESTORI PATRIMONIALI
Voglio parlare di Asset Allocation, anche se l’esempio che porterò in realtà riguarda un fondo (ma altrimenti il buon Fulvio Marchese mi ripende che non ci sono track record ufficiali nelle gestioni patrimoniali…).
ALLOCAZIONE DEGLI INVESTIMENTI
Asset Allocation significa la composizione di fondi o etf (ma anche titoli o obbligazioni) che compongono un portafoglio di investimento, l’insieme degli investimenti di una persona per intenderci, che può essere anche suddivisa in più intermediari anche se normalmente qualsiasi banca o società di gestione tende a realizzare delle asset allocation di portafoglio indipendentemente dalle scelte di altri intermediari a cui il cliente ha affidato i soldi.
La Asset Allocation di un portafoglio può essere gestita attivamente o passivamente.
BENCHMARK
La stragrande maggioranza degli intermediari, anche a causa della normativa MiFID che impone stringenti controlli tra la propensione al rischio del cliente e il rischio degli strumenti e idealmente del portafoglio, utilizzano modelli cosiddetti di Media e Varianza che definiscono la composizione di Azioni e di Obbligazioni e la percentuale rimane fissa nel tempo, indipendentemente da cosa accade nel mercato.
Questo approccio andava molto bene negli anni ì90 dove il mercato azionario saliva, saliva e saliva senza serie correzioni.

Poi sono venuti gli anni dal 2000 al 2010 dove i mercati hanno subito due battute di arresto molto forti che hanno minato alla base l’assioma della gestione passiva, ovvero di acquistare e tenere ad ogni costo, e sono nate alternative piò o meno serie e professionali per affrontare i mercati in qualunque situazione.
Poi i mercati sono tornati a salire, salire, salire e ci si è dimenticati in fretta della lezione del passato per tornare a magnificare le gestioni passive e il seguire il benchmark, perché effettivamente è stato sufficiente seguire passivamente il benchmark per ottenere rendimenti interessanti, mentre che attivamente ha gestito gli investimenti per minimizzare i rischi, molto difficilmente ha ottenuto lo stesso risultato in termini di performance.
COMPLESSITA’
Ma i mercati finanziari oggi sono molto più complessi di venti anni fa e soprattutto negli ultimi anni si sono moltiplicate le possibilità di ottenere rendimenti indipendentemente dall’andamento del mercato stesso, o comunque scarsamente dipendenti dallo stesso.
Parlo dei momenti di secondo e terzo livello, ovvero delle componenti che integrate insieme alla fine compongono il risultato del mercato stesso.
FATTORI
Per esempio possiamo dividere il mercato per settori industriali, e su questo ormai da anni ci sono strategie di rotazione che ne valorizzano quelli a più potenzialità di crescita, ma possiamo dividere i  titoli in Growth e Value, in Relative Strenght e Relative Value, insomma, in molti fattori diversi, come ho spiegato nel post: Cosa sono i Factor Models?
Oggigiorno si possono realizzare strategie sulla volatilità, di copertura mediante future ecc…
GESTIONE ATTIVA
Però tutte queste componenti devono essere gestite, perché ci sono periodi in cui i titoli Value rendono di più dei titoli Growth e viceversa, quindi il gestore deve utilizzare dei processi di investimento attivi che cambino la composizione degli asset in base all’andamento dei mercati.
RISCHIO REPUTAZIONALE
Questo lavoro espone il gestore a grossi rischi di errore, ed e per questo che sono pochi i gestori che scelgono di essere realmente attivi nelle scelte, è meglio adeguarsi al benchmark e a quello che fanno tutti gli altri e avere la scusa del mercato, piuttosto che rischiare di sotto-performare il mercato ed essere accusato (da una montagna di persone che ex-post sono i migliori gestori del mondo) di non aver ottenuto “nemmeno” i rendimenti del mercato.
LUNGO PERIODO
Però questi gestori vanno valutati nel lungo periodo, perché il lavoro di riduzione dei rischi, quando i rischi non si manifestano, significa ovviamente sotto-performare il mercato che invece i rischi li nasconde dentro di se, ma il vero valore aggiunto lo danno quando i rischi sul mercato si manifestano e loro gli evitano, perché poi per recuperare le perdite, servono rendimenti molto maggiori.
Per far capire di cosa sto parlando ho preso un fondo quantitativo molto famoso che ha sempre gestito i mercati finanziari in maniera molto attiva (sia long che short).

Come vedete, quando i mercati azionari sono cresciuti lui ha fatto (a fatica) il rendimento del mercato, poi però quando il mercato è andato male lui è stato in grado non solo di non perdere ma di guadagnare (e questo è un gran valore, non credete?)

Poi nel 2003 ha realizzato una buona performance, addirittura migliore dello S&P500 (lo abbiamo fatto anche noi con la nostra Gestione Dinamica) anche perché quegli anni sono stati gli anni d’oro dei mercati emergenti più che dell’America.

Poi è arrivato il 2008 e di nuovo il valore aggiunto della gestione attiva ha permesso non solo di non perdere, ma anche di guadagnare qualcosina, anche se nel 2009 ha sofferto rispetto al mercato.

 
Poi è arrivato l’ultimo decennio, dove tutti si sono lavati la bocca che i fondi a gestione attiva non sono stati in grado di ottenere i rendimenti degli ETF, che è meglio investire al buio con la scusa del lungo termine ecc…, ecc…

Il fondo ha clamorosamente sotto-performato il mercato azionario, ma questo ne fa un pessimo fondo? Ne fa un fondo da accusare perché non ha battuto il benchmark?
Con il senno di poi siamo tutti fenomeni, troviamo sempre l’indice o il fondo che sono andati meglio degli altri, con cui possiamo confrontare le scelte del consulente e dire che non ha fatto bene il suo lavoro, ma la realtà è diversa, perché ex-ante siamo in realtà pieni di dubbi ed incertezze, e per non sbagliare ci accontentiamo di un modello sub-optimale che sta agganciato al benchmark, così abbiamo la scusa sempre pronta.
CORAGGIO
Però la realtà è che se si ha il coraggio di fare una gestione attiva, che ovviamente sbaglia per una certa percentuale di volte, ma che evita le grosse perdite, nel lungo termine il valore creato è enorme, perché non ho dovuto perdere un 100% di rendimento del mercato per recuperare il -50% precedente.

Ma la domanda giusta è: “da oggi in poi, è meglio dotarsi di una gestione attiva o rimanere passivi sul mercato?”
La risposta è semplice e chiara, nei prossimi anni, rimanere passivi sui mercati sarà molto rischioso, è meglio essere attivi e magari perdere qualche punto percentuale in caso di mercati positivi, piuttosto che subire una grossa perdita in caso di mercati negativi.

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