Nuove opzioni di disinvestimento al vaglio delle imprese

Secondo l’ultima indagine condotta da Ernst & Young, per affrontare più adeguatamente l’attuale clima di volatilità economica si rivela necessario per le aziende abbandonare le tradizionali forme di disinvestimento. In un contesto di tempistiche scarsamente controllabili ed influenzabili, per garantire il pieno successo delle operazioni straordinarie risulta vincente agire con maggiore creatività, decisione e flessibilità. La ricerca ha coinvolto 360 executive di imprese operanti in tutto il mondo ed aventi un giro di affari superiore al miliardo di dollari.

Dalla ricerca ne emerge come il 53% del campione sia incline a considerare possibili disinvestimenti alla luce dell’attuale contesto economico. Gli intervistati, in generale, si aspettano trattative molto più complesse in termini di processo e struttura, con richieste solitamente più articolate da parte degli acquirenti. Una minoranza significativa (23%) è alla ricerca di liquidità – per risanare bilanci, finanziare acquisizioni o ripianare debiti – mentre la metà circa degli intervistati (48%) si è detta più propensa a valutare strutture dell’operazione più innovative, in un periodo nel quale la cessione di un asset difficilmente conduce al pagamento del 100% del valore in contanti.

Nel settore dei servizi finanziari, il 61% degli intervistati ha asserito che le condizioni del mercato li rendono più inclini a optare per i disinvestimenti; il 55% ha affermato di essere disposto a prendere in considerazione, nell’attuale scenario, molteplici opzioni di disinvestimento – entrambe queste percentuali risultano superiori rispetto alla media del sondaggio. Con dimensioni significativamente maggiori rispetto alla media, le transazioni tipiche del settore finanziario sono spesso difficilmente perfezionabili a fronte del pagamento in contanti.

Solo il 2% ha citato i fondi sovrani tra i principali acquirenti nell’ultimo biennio, con il 7% che ritiene che lo saranno nei due anni a venire. Per contro, il 12% ritiene che i compratori dei prossimi due anni proverranno dal settore del private equity (rispetto al 16% del biennio appena concluso).

Franz Schütz, responsabile corporate finance di Ernst & Young, ha così commentato: “Fino a qualche anno fa le cessioni di aziende avevano luogo, nella maggior parte dei casi, con pagamento in contanti. Oggi non è più così. Se da un lato una percentuale molto elevata di aziende prende in considerazione il disinvestimento, dall’altro la crisi del mercato del credito impone la necessità di valutare alternative alla vendita in contanti e di creare accordi strutturati in maniera più innovativa”.

Secondo il 23% degli intervistati, nei prossimi due anni, gli acquirenti dei mercati emergenti saranno i principali compratori (rispetto all’11% dei due anni precedenti). Ci troviamo senza dubbio di fronte ad un mercato in espansione, ove i possibili acquirenti comprendono ora anche le aziende di mercati emergenti, i fondi sovrani e gli enti governativi. Le necessità di tali acquirenti si sono tuttavia sensibilmente diversificate, generando una maggiore complessità nella gestione delle transazioni. “Gli acquirenti che dispongono di liquidità possono sfruttare l’opportunità unica di acquisire aziende che non sarebbero altrimenti oggetto di cessione alle attuali condizioni di mercato”, ha proseguito Schütz.

Solo un terzo circa (36%) degli intervistati ritiene che gli interventi di dismissione condotti di recente abbiano prodotto i risultati attesi. Il 62% ha indicato la “mancanza di tempo” per prepararsi al disinvestimento come l’ostacolo maggiore al successo dell’operazione. Due terzi ritengono necessari almeno sei mesi per portare a termine con successo una trattativa – un lasso di tempo che non risulta sempre disponibile, specie alla luce dell’attuale scenario economico. In circostanze eccezionali le aziende dispongono solitamente di opzioni limitate, tra cui quella di vendere rapidamente e a valori contenuti.

Nella foto James Turley, presidente ed a.d. di Ernst & Young.

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