Banche: chi vincerà la corsa all’automazione?

A cura di Steve Hussey, head of Financial Credit Research di AllianceBernstein
Le banche sono tornate. Dopo le enormi svalutazioni e i rovinosi contenziosi della crisi finanziaria, negli ultimi dieci anni gli istituti hanno lavorato a fondo per diminuire il rischio, rinforzare i propri coefficienti di capitale e, soprattutto, per pagare quanto dovevano. Ora l’attenzione si sposta verso le sfide del futuro: incrementare il cross-selling e il taglio dei costi, affrontando le complessità del Fintech.
In un’era di bassi tassi di interesse e intensa competizione le banche trovano difficile aumentare il proprio fatturato. La chiave per crescere in questo ambiente, almeno su livelli superiori rispetto al tasso di crescita nominale dell’economia, diventa quindi la vendita di nuovi prodotti e servizi alla clientela esistente. Ciò è più facile a dirsi che a farsi, in particolare per quelle banche con dati inadeguati o sistemi obsoleti.
Dati dettagliati sulle abitudini di spesa e sugli acquisti dei clienti, la presenza sui social media e la normale attività di browsing, ad esempio, possono di fatto supportare decisioni sull’erogazione di un credito, evidenziare l’emergere di nuove opportunità di vendita, segnalare in anticipo situazioni di disagio e aiutare a prevedere perdite operative. Padroneggiare sapientemente intelligenza artificiale e computer learning, sarà fondamentale per guidare le scelte di sottoscrizione, aumentare il cross-selling e accelerare il processo di efficientamento dei costi.
Alcune banche nordiche, ING e i due maggiori istituti spagnoli con presenza internazionale hanno già aperto le danze. Nordea, per esempio, ha implementato una nuova piattaforma di digital banking più semplice e dalla migliore customer experience. Gli istituti che hanno abbracciato per primi il cambiamento si sono rinnovati non solo grazie ad applicazioni e all’online banking, ma anche con sistemi integrati che danno accesso interno a tutti i dati dei clienti, migliorano il cross-selling e tagliano i costi. Hanno mostrato, inoltre, che chi è riuscito ad aumentare il proprio fatturato ha scelto soluzioni innovative ad appannaggio del cliente, mentre chi è cresciuto tramite acquisizioni si trova a dover far interagire sistemi di legacy non compatibili e quindi in una posizione di svantaggio in questa corsa alla tecnologia.
RBS, ad esempio, ha comunicato di aver tagliato il numero di sistemi interni e applicazioni dalle 3500 del 2016 a 2500 nel 2017. Al contempo, Bank of Ireland sta per sostituire le sue varie piattaforme con “Temenos”, un unico sistema per ridurre i costi infrastrutturali e costruire un’offerta modulabile e moderna. Questi sono casi di un passo importante verso il progresso, ma anche un monito che sottolinea quanto dovranno lavorare molte altre banche per potersi mettere alla pari.
Ugualmente difficile sarà per le entità che sono parte di grandi multinazionali e/o per le divisioni di investment banking, soprattutto se sono sotto-dimensionate o dipendenti da prodotti ad alta intensità di capitale. I loro modelli di business, infatti, hanno poco potenziale per beneficiare dell’impiego di tecnologia. E sarà ancora peggio per gli istituti che operano su mercati saturi e alterati da partecipazioni pubbliche e/o competitor non legati alla massimizzazione del profitto come quelli di Germania e Italia.
I maggiori rischi sono legati alla potenziale cannibalizzazione, specialmente nell’area dei pagamenti o del trust-banking, e ai problemi di legacy negativa, come la presenza di un numero significativo di sistemi operativi diversi. Questo infatti porta ad una scarsa efficienza nei costi e ad ostacoli nel taglio degli stessi.
Le banche hanno già fatto molta strada e adesso si trovano ad affrontare una nuova era di cambiamento inimmaginabile prima della grande crisi finanziaria. A vincere sarà chi saprà cogliere le nuove opportunità, assurgendo a matador della corsa tech.

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