Si riaffacciano le tensioni geopolitiche

a cura di Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier
La tregua è stata breve. Eppure, all’inizio della scorsa settimana gli investitori si rallegravano dell’annuncio di un accordo commerciale di massima tra gli Stati Uniti e la Cina finalizzato alla sospensione dei rialzi dei dazi annunciati negli ultimi mesi dall’amministrazione Trump in cambio di un impegno, da parte della Cina, a importare più prodotti americani, agricoli tra l’altro. «Una sorta di trattato di pace» stando alla definizione di Larry Kudlow, uno dei principali consiglieri economici della Casa Bianca, che ha entusiasmato Donald Trump anche in assenza di dati numerici. Steven Mnuchin, Segretario del Tesoro, smorzava però gli entusiasmi ricordando che la guerra commerciale era stata messa «tra parentesi» e anticipava quanto sarebbe successo da lì a poco.
Martedì, infatti, il Presidente americano annunciava di non ritenersi tutto sommato soddisfatto dei recenti colloqui sino-americani. L’indomani, il Wall Street Journal attizzava il fuoco accennando al progetto americano: portare i dazi sulle automobili importate al 25% per «motivi di sicurezza nazionale» e aprire un’indagine su queste importazioni. Nel frattempo, la Cina annunciava una riduzione dei dazi sulle importazioni automobilistiche… e i rapporti tra le due potenze, in procinto di trovare un punto di convergenza, si inasprivano nuovamente.
Altrettanto dicasi per la Corea del Nord. Tante erano le speranze riposte nell’organizzazione di un vertice storico tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord il 12 giugno a Singapore, cancellato però giovedì scorso da Donald Trump che denunciava l’«ostilità» di Pyongyang. I due leader si sono affrontati in un’escalation verbale iniziata da John Bolton, il nuovo Consigliere americano per la sicurezza, che paragonava il processo di denuclearizzazione nordcoreano a quello della Libia. Parole maldestre, accentuate poi dal Vice-presidente Mike Pence che ha suscitato le ire delle autorità nordcoreane. La risposta dai toni aspri non si è fatta attendere: «commenti ignoranti e stupidi».
Assistiamo, complessivamente, a un riaffacciarsi di tensioni geopolitiche che, a seguito del forte rimbalzo dei mercati che avevano toccato i minimi a marzo, hanno generato stress e maggior volatilità. Era prevedibile, del resto. Donald Trump è nel pieno della campagna elettorale in vista dei Midterm e la retorica della «guerra commerciale» è uno dei suoi cavalli di battaglia per (ri)compattare l’elettorato. Sulla questione nordcoreana il vero nodo gordiano è rappresentato dalla fine degli accordi di difesa tra la Corea del Sud e gli Stati Uniti, con la rinuncia da parte della Corea del Nord alle sue infrastrutture nucleari solo nell’ambito di una completa denuclearizzazione della penisola. Non vi sono dubbi che rinunciare a un posizionamento militare americano nella regione equivarrebbe, per l’elettorato di Trump, a un’amissione di debolezza. Siamo ben lungi dall’immagine che vuol dare il Presidente americano e per la quale è pronto a rilasciare ben altre dichiarazioni che non mancheranno di agitare i mercati nei prossimi mesi.

 

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