L’epoca della supremazia del più forte

Di Didier Saint-Georges, Managing Director e membro del Comitato Investimenti di Carmignac

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un’incessante crescita del fenomeno legato al concetto della “supremazia del più forte” praticamente in tutti gli ambiti dell’economia, dei mercati finanziari e della politica. Essendo per natura auto-rinforzante, questa spinta verso la polarizzazione sta raggiungendo livelli senza precedenti.

Un esempio lampante della “supremazia del più forte” è rappresentato da aziende la cui attività è incentrata sugli effetti del comparto di internet. La rete acquisisce valore in primo luogo e soprattutto per le sue dimensioni. Accrescere il proprio network fornirà all’azienda maggiore valore e attirerà nuovi membri, grazie ai quali acquisirà ancora più valore, e così via. I fondatori di Facebook e Amazon, Mark Zuckerberg, e Jeff Bezos erano consapevoli di questi vantaggi. La supremazia originaria del software di Microsoft sui sistemi operativi informatici si basa sulla stessa logica. Nell’ambito delle attività legate alla rete, il raggiungimento della massa critica è l’obiettivo fondamentale. Pertanto, le future aziende di successo sono costrette a sostenere forti investimenti iniziali e accettare che i rendimenti giungano in un secondo momento. Si è creata una fortunata combinazione tra crescita tecnologica fondata su internet e un periodo di accesso agevolato a capitali decisamente poco costosi. Ciò ha consentito a individui lungimiranti di investire per anni come preferivano in una posizione dominante attualmente inattaccabile.

Questo scenario assume un’importanza strategica su vasta scala. Nell’ambito della distribuzione retail, l’immagine di un cliente che spinge il carrello all’interno di un supermercato è destinata a svanire in tempi rapidi, grazie allo sviluppo dell’e-commerce. Moltissimi rivenditori tradizionali si trasformeranno in società zombie che dovranno sottostare a un oligopolio composto da colossi dell’e-commerce. Poiché la maggior parte dei prodotti di consumo ha assunto una portata globale, e lo stesso è avvenuto per le piattaforme digitali di e-commerce, le aziende di successo conquisteranno la fetta più consistente della spesa per i consumi globali. Se i produttori di generi alimentari ritenevano difficile negoziare con i grandi distributori, presto diventerà loro impossibile fare lo stesso con le controparti oligopolistiche dell’e-commerce. Queste ultime potrebbero presto letteralmente “acquisire” tutti i flussi legati ai consumi, dagli ordini ai pagamenti, mandando in cortocircuito le relazioni con gli intermediari tradizionali, comprese le agenzie pubblicitarie o gli istituti di credito.

Il vantaggio derivante dalla supremazia sul mercato o sulla clientela è ovviamente cumulativo. La ricerca e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale costano una fortuna, ma presentano un enorme potenziale in prospettiva futura. Gli attuali colossi di internet si trovano in una posizione di vantaggio competitivo nell’ottica di diventare le future aziende di successo del settore.

Il paradosso è rappresentato dal fatto che vent’anni fa si prevedeva che le aziende focalizzate sul business di internet potessero inaugurare un’epoca di opportunità illimitate e di barriere d’ingresso ridotte per una miriade di promettenti start-up. Di fatto, invece, i mercati liberi nei quali vige la regola della supremazia del più forte hanno fatto solamente emergere regimi oligopolistici.

Le normative antitrust elaborate prima dell’epoca della supremazia del più forte faticano a confrontarsi con i grandi gruppi globali, i quali sostengono che i consumatori/utenti siano i primi beneficiari del loro business model, e che le loro piattaforme siano aperte a tutti i fornitori, compresi quelli di piccole dimensioni, e siano a loro disposizione per poter competere a pari livello. Tuttavia le autorità governative e gli organi di controllo stanno ormai iniziando a comprendere le dinamiche in gioco, e addirittura alcuni ritengono che i social media possano riverlarsi una minaccia alla democrazia.

L’ingrediente della liquidità a basso costo, del modello incentrato sulla supremazia del più forte è destinato a perdurare. Mentre la posizione delle Banche Centrali a favore della liquidità a basso costo si normalizzerà gradualmente, le pressioni deflazionistiche strutturali sono ancora molto forti. La crisi finanziaria ha rafforzato l’avversione di soggetti pubblici e privati ad aumentare nuovamente il debito. Quindi, grazie al contributo dei dati demografici sulla popolazione, si è registrato un accumulo dell’eccesso di risparmio che ha spinto al ribasso il costo del denaro. Ci vorranno molti anni di crescita economica moderata per superare questa situazione.

Nella loro disperata ricerca di rendimento, gli investitori sono stati incoraggiati a scegliere asset maggiormente rischiosi. Inoltre, secondo altre dinamiche legate alla supremazia del più forte, i prezzi delle azioni e delle obbligazioni corporate sono aumentati in relazione all’aumento della domanda, spingendo sempre più investitori ad aderire a questa tendenza. Gli investitori passivi e quelli che investivano nel “momentum” sono stati favoriti, e a loro volta hanno alimentato il mercato rialzista del secolo. Gli investitori con uno stile di gestione più attivo sono invece rimasti fedeli all’analisi rigorosa dei fondamentali, perdendo evidentemente terreno e sottoperformando rispetto a questa liquidità indiscriminata. La gestione attiva dei fondi è stata penalizzata, mentre gli ETF, che investono in asset in crescita, hanno vissuto dieci anni gloriosi.

Il contrasto tra il forte aumento dei prezzi degli asset finanziari (obbligazioni e azioni) e la modesta crescita economica ha ampliato il divario tra vincitori e perdenti nel contesto reale. La disuguaglianza in termini di creazione di ricchezza tra chi investe in asset finanziari e chi invece percepisce uno stipendio ha continuato a crescere, alimentando malcontento e frustrazioni tra coloro che ne erano stati esclusi. Si tratta di un aspetto fondamentale all’origine dell’ascesa dell’ideologia populista nelle economie occidentali. Mentre assistono alla pressione esercitata sui governi delle democrazie liberali dagli Stati Uniti all’Europa, i leader di paesi come Cina e Russia sono concentrari a di consolidare il proprio potere, già esteso e accentrato. In questi paesi, il concetto della supremazia politica del più forte prevale da molto tempo.

Il fenomeno della supremazia del più forte ha assunto un’accezione più economica nei paesi occidentali, e più politica in quelli orientali, sotto forma di uomini forti sostenuti da sistemi autocratici.  Tuttavia colossi quali Alibaba o Tencent hanno ormai fatto la loro comparsa in Oriente. A differenza delle controparti occidentali, questi giganti non sono esposti al rischio di entrare in collisione con i tentativi delle autorità di recuperare il controllo: fin dall’inizio i loro interessi sono stati rigorosamente vagliati dal governo e allineati a quelli di quest’ultimo. Questa omogeneità di interessi tra politica ed economia potrebbe far conquistare a queste aziende il massimo vantaggio concorrenziale.

Gli investitori devono rendersi conto che i cosiddetti “mercati emergenti” hanno sorpassato i paesi europei in termini di investimenti nelle tecnologie del futuro. La capitalizzazione di mercato di Tencent, società cinese del comparto di internet ancora letteralmente sconosciuta al consumatore europeo, è già pari a quella di Facebook. In un contesto globale in cui la crescita economica resterà contenuta ancora a lungo a causa dell’enorme debito derivate dalla crisi finanziaria e non ancora sanato, la crescita degli utili continuerà a concentrarsi nelle mani di poche aziende di successo. I risparmiatori europei si renderanno conto che le società di successo saranno soprattutto statunitensi e cinesi, e che dovranno allocare una parte dei loro investimenti a lungo termine nei loro titoli azionari.

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