Italia, l’analisi del mercato di Moneyfarm

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

La recente incertezza politica e istituzionale italiana, con conseguente crisi di fiducia sul debito pubblico italiano, ha riportato sotto i riflettori il tema della tenuta finanziaria del Paese. Senza provare ad azzardare previsioni, vista anche la fluidità della situazione animata di ora in ora da nuovi colpi di scena, crediamo sia giusto in questo momento focalizzarci sugli scenari di medio termine. In questa prospettiva è evidente che il principale problema che il Paese si trova ad affrontare non nasce oggi e non è destinato a essere risolto nell’immediato futuro, qualsiasi sia la guida politica del Paese.

Perché la situazione dei conti è rilevante

Ci riferiamo all’enorme mole del debito pubblico (131,8% rispetto al Pil) che si è sviluppato nel corso dei decenni. Il dibattito economico sull’argomento presenta molte autorevoli ipotesi sulle possibili strade che il Paese dovrebbe intraprendere per risolvere la questione nel lungo termine. Ciò che è certo è che nell’immediato il debito è un problema estremamente concreto. Ogni anno gli italiani pagano una quantità di tasse superiore a quanto lo Stato spende in scuole, pensioni e ospedali, per finanziare il servizio degli interessi ai creditori (che sono per la stragrande maggioranza istituzioni e famiglie italiane).

Purtroppo, più il debito è elevato, più il costo degli interessi diventa suscettibile di crescere in momenti di crisi e incertezza (il famoso spread). Questo rischia di creare una spirale pericolosa nella quale gli interessi crescono e con essi il costo del debito per il bilancio pubblico, diminuendo così la fiducia nel fatto che il Paese sia in grado di onorare i pagamenti.

Le conseguenze economiche, politiche e sociali di questa situazione sono state evidenti negli ultimi anni e si sono abbattute in maniera sproporzionata su alcune fasce della popolazione, che hanno pagato più di altre le conseguenze delle politiche adottate per ovviare alla crisi finanziaria esplosa nel 2011 – giunta in seguito a un aumento del debito in rapporto al PIL dal 103% al 123% negli anni successivi alla crisi finanziaria internazionale scoppiata nel 2008. Da un punto di vista finanziario, l’Italia si trova ancora oggi a scontare le conseguenze di una dinamica iniziata 10 anni fa.

Nonostante ciò, l’Italia è oggi un Paese che registra segnali di crescita e salute economica in molti settori. Tuttavia non bisogna arrivare a essere sull’orlo della bancarotta per comprendere la necessità di calibrare le scelte fiscali alla situazione dei conti pubblici. Questo è specialmente vero in un contesto nel quale stanno per concludersi gli acquisti di titoli italiani tramite l’emissione di nuova moneta da parte della Banca Centrale Europea, misura che ha contribuito ad alleviare la pressione in questi anni.

Sull’efficacia delle politiche che sono state intraprese a livello nazionale per reagire alla crisi, così come sui benefici dell’Italia nella partecipazione all’UE, è aperto un ampio dibattito nel quale non intendiamo entrare in questa sede.

Portafogli protetti dalla diversificazione

Ciò che ci compete è invece monitorare l’andamento dei mercati finanziari. Ogni volta che un cambiamento politico rilevante avviene a livello globale come a livello locale, svolgiamo un’analisi dei possibili scenari che andranno a impattare le asset class che compongono i nostri portafogli.

Nel breve termine riteniamo che il livello di diversificazione dei nostri portafogli per asset class, aree geografiche, valutaria, e la limitata esposizione al sistema Italia non rendano necessario alcun intervento sull’asset allocation. Le nostre performance fino a oggi non hanno sofferto, se non in misura marginale, della crisi che si è abbattuta sulle azioni e sui titoli di Stato italiani (dal 15 al 29 maggio la borsa italiana ha perso l’8% e lo spread da 130 bps è salito a 280 bps, con un picco di 320pbs). L’indebolimento dell’Euro ha altresì giovato alla nostra esposizione in valuta estera.

Continueremo ovviamente, come abbiamo fatto negli scorsi mesi, a monitorare l’evoluzione degli scenari politici in Italia e in tutti i Paesi dell’Eurozona, durante una fase in cui è possibile che l’attuale architettura dell’Unione Europea verrà messa in discussione in tutti i Paesi del blocco in occasione delle elezioni europee del 2019. Restiamo comunque convinti che la diversificazione sia la strategia migliore per limitare i rischi politici. Questo è specialmente vero per gli investitori italiani, che sono di solito esposti al rischio Paese con i propri beni immobiliari e con il proprio lavoro.

Infine, non possiamo che augurarci che la politica, indipendentemente da chi avrà l’onere di gestire questa situazione complessa, sappia agire con saggezza tutelando gli interessi degli italiani in tutte le forme in cui essi si manifestano: lavoratori o disoccupati, genitori o giovani e anche risparmiatori e investitori.

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