Crediamo ci sia una possibilità molto bassa che l’Italia abbandoni l’Eurozona, ma il rischio che una serie di eventi sfortunati possano condurre a una “Italexit” accidentale è aumentato. Nonostante la formazione del governo, l’attuale situazione politica riporta alla memoria quanto accaduto in Grecia nel 2015, quando il partito Syriza ha vinto le elezioni promettendo la fine dell’austerità e mettendo in discussione il ruolo dell’UE. Questa è una guida utile, a nostro avviso, su come l’attuale crisi italiana potrebbe svilupparsi. Tuttavia, ci sono alcune grandi differenze tra i due Paesi. I nostri punti chiave sono i seguenti:
- La visione che sta alla base di tutto è che l’Italia non lascerà l’euro. Sarebbe disastroso per i risparmi ridenominati delle famiglie italiane, per gli investitori retail che possiedono titoli di Stato italiani (BTP) e debito bancario, per le banche italiane che detengono BTP e per l’intera Unione monetaria europea.
Nessun governo italiano sopravvivrebbe a una ridenominazione – Syriza lo sapeva e alla fine si tirò indietro, nonostante il fatto che i risparmiatori greci avessero già trasferito all’estero denaro dalle banche nazionali. In Italia, i livelli di deposito sono molto più alti e vi sono pochi segnali di deflusso, almeno per ora.
- A nostro avviso, il nocciolo della questione italiana riguarda in realtà la fine dell’austerità e il recupero dell’autonomia fiscale da Bruxelles. Questa è una vittoria facile per i populisti, che spingono il messaggio “vogliamo darvi più denaro ma i burocrati non eletti non ce lo permettono”. Pertanto, gli aspetti economici torneranno terreno di contesa per un po’ di tempo. Detto questo, Bruxelles e i politici italiani sanno che l’Italia è vincolata a causa dei rischi che comporterebbe l’abbondono dell’euro. Quindi, dipenderà da quanto in là entrambe le parti saranno disposte a spingersi.
- Ritengo che entrambe le parti saranno molto meno aggressive rispetto alla crisi greca. Da parte europea, l’Italia è un rischio sistemico di gran lunga maggiore e il potenziale di contagio è molto più ampio. Da parte italiana, la situazione sembra meno estrema (almeno tra le generazioni più anziane) di quanto non fosse per la Grecia: gli italiani hanno più da perdere e non hanno votato per lasciare l’euro. Pertanto, se il nuovo governo italiano inizierà ad aumentare la sua retorica anti-euro, alcuni degli elettori potrebbero sentirsi spiazzati. In un simile scenario occorrerebbe tenere d’occhio i livelli di sostegno per il governo.
- L’economia dell’Italia è più resiliente di quanto lo fosse quella della Grecia:
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- L’Italia ha sia un avanzo primario che un avanzo delle partite correnti.
- L’Italia ha definito i termini del proprio debito e, dopo giugno, il fabbisogno netto di cassa risulta negativo se si incorporano il QE della Banca centrale europea (BCE), i rimborsi e le cedole. Se i tassi continuano a salire, l’aumento del costo del debito dovrebbe essere graduale, mentre in Grecia non avevano più liquidità per pagare i creditori.
- Il livello di proprietà straniera dei titoli di Stato italiani è di molto inferiore rispetto a quello dei titoli di Stato greci.
- Le istituzioni italiane sono considerate più forti rispetto alle equivalenti greche nel 2015.
Source: Bruegel, 22/03/2018
- Gran parte dell’Europa ha abbandonato quella religione dell’austerità che alimentava il populismo nelle economie centrali e periferiche. Ciò significa che, alla fine, è probabile che vi sia un maggiore margine di manovra sul fronte fiscale. Germania e Francia, con le loro recenti esperienze di populismo, dovrebbero rendersene conto e riconoscere le realtà politiche: bassa crescita, bassi utili e alta disoccupazione giovanile portano a un cambiamento politico e l’UE è un progetto politico. A nostro avviso, vi è una chiara argomentazione in favore dell’aumento della flessibilità fiscale da parte delle autorità dell’UE. In caso contrario, l’instabilità economica e politica potrebbe ulteriormente crescere.
Alla luce di quanto sopra, riteniamo che alla fine l’Italia intenda confermare la sua adesione all’UE, e la recente ripresa dell’obbligazionario italiano suggerisce che il mercato sia d’accordo. Il percorso è incerto, ma dovremmo aspettarci che una soluzione venga comunque trovata. L’UE ha i suoi limitii e ha commesso errori nella gestione della crisi dell’euro, ma non pensiamo che sia questo il momento di abbandonare il progetto per un membro dell’Eurozona.