Come cambia il mercato del private equity in Europa

A cura di Francesco Lavecchia, Morningstar
Il private equity tira il fiato in Europa. Dopo tre anni consecutivi di grande dinamismo e un 2017 che ha fatto registrare una crescita significativa del valore degli accordi conclusi, nel primo trimestre del 2018 si è osservato un calo del 7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e del 21% rispetto al quarto trimestre del 2017.
Al momento sono stati conclusi poco meno di 700 deal, ma diverse sono le operazioni ancora in stand-by che, se andassero a buon fine, potrebbero risollevare il bilancio del 2018 (Figura 1)
 
Figura 1: Trend degli accordi conclusi (# deal e valore in euro)

 
La nota positiva arriva dalla crescita della dimensione media degli accordi che sale a quasi 34 milioni di euro e tocca i massimi dal 2006, anche se resta ancora molto lontana dai 175 milioni di dollari del mercato americano.
La Brexit spinge il PE nel Regno Unito
I dati pubblicati da PitchBook mostrano come anche nella prima parte dell’anno i paesi più dinamici nel mercato del private equity siano stati l’Irlanda e Regno Unito. La regione conta per il 36% degli accordi siglati da inizio anno e la crescita rispetto al 2017 (33% sul totale) e al 2016 (30%) è da attribuire, secondo gli analisti, alla Brexit e al conseguente deprezzamento della sterlina.
La paura di essere tagliati fuori dal mercato unico ha indotto molte aziende ad accelerare nella vendita di società controllate e nello spostamento di alcuni rami di attività fuori dal Regno Unito. Mentre la svalutazione della sterlina in seguito all’uscita dell’Ue ha aumentato l’appetito degli investitori verso gli asset della Regina. Il sentiment del mercato è stato quello di approfittare del tasso di cambio favorevole per fare acquisti sul mercato in attesa che il valore delle attività salga quando l’economia della regione si sarà stabilizzata dopo il divorzio definitivo dall’Unione europea. In seconda posizione ci sono Francia e Benelux, seguiti a ruota dalla regione Dach (Germania, Austria e Svizzera) e dai paesi nordici, i quali confermano il buono stato di salute del loro mercato del private equity grazie a un numero di deal che nel 2017 ha superato per la terza volta consecutiva quota 400 per un valore complessivo di circa 36 miliardi di euro. Fanalino di coda restano i Paesi il Sud dell’Europa (Figura 2).
 
Figura 2: Ripartizione geografica delle trattative
Aumenta il peso del settore tecnologia
La ripartizione settoriale dei deal vede il segmento Business-to-business (servizi alle aziende) fare la parte del leone anche nella prima parte del 2018, sia in termini di numero di accordi sia di valore economico delle trattative, consolidando ulteriormente il trend che dura ormai da dieci anni. In seconda posizione c’è il comparto Business-to-customer (servizi al consumo), seguito da quello tecnologia, il cui peso sul mercato del private equity europeo è in costante aumento, dal 12% del 2011 (sul totale dei deal conclusi) al 20% del primo trimestre del 2018.
Al suo interno, il segmento più attraente per gli investitori sembra essere quello dei software, per via della natura del business caratterizzato da elevate economie di scala e da flussi di cassa stabili nel tempo. Marginale è invece il ruolo del settore healthcare (7% sul totale dei deal in media negli ultimi dieci anni), soprattutto se confrontato con quello ricoperto all’interno del mercato statunitense, dove invece rappresenta quasi il 15% (Figura 3).
 
Figura 3: Ripartizione settoriale delle trattative (# e valore in euro)


Fonte: PitchBook, dati al 31/05/2018
 
Le previsioni degli analisti
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi? Gli analisti di PitchBook sono ottimisti. La lista di potenziali investitori in private equity è ricca e variegata e inoltre l’economia del Vecchio continente mostra segnali convincenti di ripresa. Nel 2017 il Pil dell’Eurozona è cresciuto del 2,4% rispetto all’anno precedente e nel 2018 è prevista solo una lieve decelerazione.

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