BCE verso la fine del Qe; quale impatto sull’obbligazionario europeo?

A cura di Michaël Lok, Group Chief Investment Officer (CIO) and Co-CEO Asset Management di Union Bancaire Privée
Con la Banca Centrale Europea che modifica la propria politica monetaria, il mercato obbligazionario dell’eurozona dovrebbe trovarsi di fronte a un contesto più sfidante in prospettiva, passando da una situazione caratterizzata da una netta diminuzione dei tassi a una caratterizzata da una crescente volatilità bidirezionale dei tassi d’interesse.
Diversi fattori suggeriscono che la zona euro potrebbe vedere maggiori rischi di rialzo dei rendimenti rispetto a quanto gli Stati Uniti hanno sperimentato quando la Federal Reserve ha abbandonato il suo programma di QE. Dal 2012 al 2015, quando la Fed ha iniziato a rallentare i suoi acquisti di debito pubblico statunitense, l’emissione di nuovo debito è diminuita con la riduzione del deficit di bilancio degli Stati Uniti dall’8% del PIL del 2012 al 2% del PIL del 2016. Analogamente, nel corso del 2012, la Bank of Japan ha avviato una propria versione di quantitative easing (QQE), mentre la BCE ha cominciato il suo programma nel corso del 2015 spingendo gli investitori ad acquistare Treasury statunitensi in cerca di rendimenti e potenzialmente contribuendo a limitare il rialzo dei rendimenti negli USA. Nell’Eurozona, la fine dell’allentamento quantitativo vedrà un numero più limitato di acquirenti che si andranno a sostituire alla BCE. Mentre il reinvestimento di obbligazioni in scadenza nel portafoglio della BCE fornirà una domanda supplementare, tale reinvestimento sarà inferiore rispetto alle nuove emissioni nell’intera area.
Prevediamo che l’impatto della stretta monetaria varierà da paese a paese, con i bund tedeschi ben sostenuti e con un’emissione netta ancora negativa prevista per il periodo 2018-19. In effetti, la Francia, che nel 2016 e nel 2017 ha visto un’offerta pari a 40-70 miliardi di euro ritirata dal mercato, dovrebbe avere una nuova offerta netta di 50-55 miliardi di euro nel 2018-19, con un’oscillazione di 90-125 miliardi di euro. Inoltre, i Paesi periferici hanno tratto i maggiori benefici dal programma di acquisto di asset da parte della BCE. I rendimenti dei decennali di Francia, Italia e Spagna sono diminuiti di 100-200 punti base da giugno 2014, mentre quelli tedeschi sono diminuiti di solo 85 punti base nello stesso periodo.
Indubbiamente, il principale beneficiario del programma della BCE è stato il credito europeo attraverso il Corporate Sector Purchase Programme (CSPP). Attraverso il CSPP, infatti, la BCE ha acquistato dal 30 al 40% delle emissioni nette di mercato nel corso del periodo. Di conseguenza, il costo del capitale è diminuito drasticamente soprattutto in Francia e in Spagna. Gli spread Investment Grade e High Yield europei si sono ridotti rispettivamente di 62 e 300 punti base. Anche in questo contesto, le obbligazioni con rating più basso sono state il principale beneficiario. Anche con il reinvestimento del capitale derivato da obbligazioni in scadenza da parte della BCE, gli acquisti netti dovrebbero scendere da 55 miliardi di euro a 18 miliardi nel 2018-19.
Quindi, anche a partire da una base di movimenti laterali dei rendimenti privi di rischio nella zona euro, la probabile mancanza di rigore di bilancio che limita le nuove emissioni (come visto negli Stati Uniti), un rallentamento del programma QQE del Giappone, combinato con squilibri più sostanziali della domanda e dell’offerta per Francia e Italia tra gli emittenti sovrani e per i crediti con rating più bassi tra gli emittenti societari, tutto concorre a suggerire la prospettiva di una tendenza all’aumento dei rendimenti e quindi di un vento contrario per i rendimenti del reddito fisso della zona euro in concomitanza con il cambiamento di politica della BCE.

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