EdR: focus sull’Italia

A cura di Mathilde Lemoine, Chief Economist del Gruppo Edmond de Rothschild
Le prospettive per le imprese rimangono eterogenee sulla base dell’importanza del miglioramento della competitività delle esportazioni italiane, del rafforzamento del mercato del lavoro e della necessità di consolidare ulteriormente il sistema bancario italiano in un contesto di incertezza politica persistente.
La ripresa dell’attività in Italia rallenterà nel corso del 2018 in risposta al calo della crescita degli investimenti delle imprese e alla riduzione del sostegno al commercio estero. La crescita delle esportazioni dovrebbe diminuire leggermente nel 2018 e più significativamente nel 2019, dopo un ciclo di crescita caratterizzato da un aumento delle quote di mercato al di fuori del mercato europeo, in particolare nei settori della tecnologia e del food. Il consumo privato rimarrà il principale fattore di crescita economica ma beneficerà solo di una crescita salariale moderata e risentirà dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle importazioni. Infine, gli investimenti produttivi dovrebbero rimanere contenuti per via della crescita negativa dei prestiti alle imprese, in calo del 5,8% anno su anno, e dalla contrazione della domanda globale nel 2019.
Gli indicatori principali relativi all’attività hanno sovrastimato i dati reali. Nei primi tre mesi dell’anno le piccole e medie imprese dell’industria italiana hanno registrato una media pari a 57,8 punti percentuali, corrispondenti a una crescita trimestrale dello 0,8%. La recente correzione negli indicatori, in particolare relativi alle vendite al dettaglio e ai nuovi ordini all’estero, ha registrato un forte calo, confermando un tasso di crescita trimestrale vicino allo 0,3%, come effettivamente osservato per le attività italiane nel primo trimestre.
Il mercato del lavoro dovrebbe tuttavia continuare a rafforzarsi. Nel 2017 sono stati creati 265.000 nuovi posti di lavoro, il tasso di disoccupazione ha continuato a flettersi (11,0%), mentre la percentuale di giovani (15-24 anni) in cerca di lavoro è diminuita di 4.4 punti in un anno per attestarsi al 31,7%. Tuttavia, la maggior parte dei posti di lavoro creati sembra essere con contratti a tempo determinato, a causa della fine degli incentivi fiscali che esentano parzialmente dai contributi previdenziali le imprese che creano nuovi posti di lavoro permanenti. La fine di questo sistema, nell’ambito dei contratti unici con oneri progressivi, comporta un aumento dei contributi previdenziali, quindi un aumento del costo del lavoro orario, in media dello 0,8% rispetto al 2017 – mentre la crescita salariale media rimane allo 0,5%.
L’incertezza politica non dovrebbe mettere in discussione i fondamentali economici, ma piuttosto la sostenibilità del debito pubblico. La nuova coalizione di governo spera di portare avanti tre riforme: l’introduzione della flat tax e di un reddito universale in aggiunta alla revisione della riforma delle pensioni.
Quest’ultima misura metterebbe in discussione i vantaggi delle leggi di riforma del 1992 e del 1995 che attualmente consentono all’Italia di evitare oneri pensionistici supplementari fino al 2030, nonostante l’invecchiamento della popolazione. A fronte di un possibile deterioramento delle finanze pubbliche (il rapporto debito/PIL ha già raggiunto il 131,2% del PIL), l’aumento dei tassi di interesse potrebbe essere contenuto dalla Banca Centrale Europea nel caso in cui, nell’ambito del programma di acquisto del debito pubblico sovrano, acquistasse più debito italiano.
Nel medio periodo, la sfida principale in Italia è quella di implementare un nuovo progetto politico per aumentare il potenziale di crescita vicino allo zero e migliorare la sostenibilità del debito pubblico – non facilitato dall’attuale periodo di instabilità politica.

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