Tre domande da non fare mai al consulente finanziario

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Lavorando in finanza dal 1999 e avendo vissuto molte fasi diverse dei mercati finanziari, ho avuto modo di confrontarmi con tantissime persone, sia estremamente professionali, sia estremamente ignoranti, nel senso che ignoravano i funzionamenti dei mercati finanziari e le logiche di funzionamento degli stessi.
Quindi ho pensato di proporre tre domande che spesso i consulenti si sentono porre dai loro clienti o dai loro potenziali clienti che in realtà sarebbe meglio non fare mai:
1) Ho 10.000 Euro, dove mi conviene investirli?
Chi pone questa domanda in realtà cela in maniera maldestra una sua scarsa comprensione dei mercati finanziari.
Non ha senso investire dei soldi solo ed esclusivamente per guadagnare qualcosa, per di più se si tratta di cifre modeste.

Non fraintendetemi, per molte persone 10.000 Euro è una cifra considerevole che magari ha ottenuto con diversi anni di risparmi; quello che intendo dire è che se anche doveste fare il 10% o il 20%, il ricavato non vi cambierebbe la vita, come invece può fare una sana pianificazione di lungo termine.
PRENDETE SERIAMENTE IL VOSTRO FUTURO FINANZIARIO
Soprattutto se siete giovani, pianificare correttamente i risparmi e gli investimenti può permettervi di affrontare la vita più serenamente con maggiori soddisfazioni, quindi il mio suggerimento è di chiedere al vostro consulente come pianificare le proprie fasi della vita e come organizzare un piano per risparmiare correttamente (tecnicamente si chiamano piani di accumulo)
per poter raggiungere i propri obbiettivi.
2) Che rendimento sei in grado di darmi?
Anche questa domanda è molto comune e deriva da una “maleducazione finanziaria” di cui senza voler accusare nessuno in particolare, le banche sono responsabili.
Per decenni, negli anni degli alti rendimenti dei titoli di stato, si sono abituati i clienti a ragionare sul tasso di interesse che veniva offerto dai rendimenti dei titoli di stato e dei titoli obbligazionari delle banche stesse.

Per non parlare dei libretti di risparmio delle poste, che con un’azione di marketing superlativa, offrivano negli anni ottanta il raddoppio del capitale in 7 anni (se si guadagna il 10% all’anno, grazie all’effetto degli interessi composti, l’ottava meraviglia secondo Albert Einstein).
Per oltre venti anni si è assistito alla contrazione di tali rendimenti, che sono passati dal 20% allo 0% attuale, ignorando sempre il rischio sottostante, che in realtà negli ultimi anni è stato decisamente maggiore che venti anni fa.
REGOLA D’ORO
Una delle regole d’oro degli investimenti, qualsiasi sia lo strumento finanziario sottostante, che si tratti di un libretto di risparmio o di una crypto valuta, è che esiste una relazione tra rendimento e rischio, ovvero più si vuole guadagnare più si deve rischiare di più.
Certo si può ottimizzare questa relazione, ma per farlo occorre conoscere bene gli strumenti che si stanno utilizzando, altrimenti non c’è scampo a questa regola, a maggiore guadagno corrisponde maggiore rischio.
Se una banca ti vende un’obbligazione che rende il 1% all’anno e un’altra banca che rende il 5% all’anno, la seconda ha un rischio molto maggiore della prima, nessuno regala soldi tanto per la gioia di farlo, soprattutto le banche, non credete?
3) Il capitale è garantito?
Anche questa è una tipica frase di chi non ha ben compreso come funziona il mercato degli investimenti.
La garanzia del capitale non esiste, l’impegno a restituire i soldi è una cosa, la garanzia per definizione non può esistere, perché non esiste nessuna entità al mondo che può garantire di esistere nel futuro per mantenere gli impegni che si è preso.

Questa lezione si è imparata molto bene con il fallimento di Lehman Brothers, una delle 5 banche più grandi al mondo che è fallita per carenza di liquidità, non perché non potesse far fronte agli impegni presi in futuro.
Se una delle prime cinque banche al mondo è fallita, tutte le banche possono fallire, non esiste un intermediario “infallibile”, nemmeno una banca centrale o uno stato è infallibile.
Certo, prodotti a capitale garantito hanno un loro fascino, e non escludo che qualcuno di essi fatto con intelligenza possano essere ottime opportunità, mi ricordo che nel 1999 ho fatto un prodotto a capitale garantito sul Nikkey con restituzione del capitale al 125% del valore iniziale al quinto anno; chi lo ha sottoscritto si è portato a casa nel 2004 il 25% di rendimento invece che un -50% e quindi questa struttura è stata vincente.
OBBLIGAZIONE E NON GARANZIA
Ma dovete essere consapevoli che la “garanzia” in realtà si tratta di un impegno molto forte a pagare che verrà onorato salvo fallimento di chi fornisce la garanzia.
Partecipo spesso a convegni internazionali dove professori e practitioners (persone dell’industria degli investimenti) studiano modelli matematici che servono a calcolare il prezzo corretto di uno strumento finanziario tenendo conto delle probabilità di default dell’emittente, di conseguenza maggiore è la probabilità di fallimento di un emittente, maggiore sarà il prezzo (in termini di cedola ovvero di rendimento) che lo stesso dovrà pagare per finanziarsi. Su questo tema abbiamo realizzato un software gratuito che potete utilizzare registrandovi su www.irating.it
TROVATE LE DOMANDE GIUSTE
Quindi quando andate dai vostri consulenti finanziari, per cortesia evitate queste tre domande e magari dalle mie spiegazioni cercate di ricavare le domande giuste da fare, la vostra vita e i vostri obbiettivi ne beneficeranno.

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