Asset cinesi in balia delle trattative: cosa aspettarsi secondo Amundi AM

A cura di Amundi AM

Le relazioni tra Stati Uniti e Cina sembrano peggiorare. Gli USA hanno di recente pubblicato una lista di ulteriori prodotti cinesi per un valore di 200 miliardi di dollari da tassare al 10% da sottoporre all’udienza pubblica entro il 30 agosto e che potrebbe essere implementata a settembre. Con l’intensificarsi delle trattative commerciali, le attività cinesi sono sotto pressione, con potenziali correzioni del renminbi (RMB) e del mercato azionario.

Mentre l’incertezza appare relativamente elevata nel breve periodo, il nostro scenario centrale è che si potrebbero evitare gravi escalation e che le tariffe statunitensi applicate alle importazioni dalla Cina dovrebbero avere un impatto macroeconomico relativamente modesto. Stimiamo che l’impatto diretto di una tariffa del 10% su prodotti per $ 200 miliardi (il 40% dei beni importati dalla Cina) potrebbe impattare il PIL cinese dello 0,2% circa dato che le importazioni degli Stati Uniti rappresentano circa il 3% del PIL cinese (in termini di valore aggiunto).

Mentre aspettiamo di sapere quali possibili misure di ritorsione potrebbe introdurre la Cina, ci aspettiamo aiuti politici potenzialmente più significativi nel secondo semestre per attenuare gli impatti negativi.

Fondamentali economici e i chiari messaggi della Banca Popolare Cinese (PBoC) dalla scorsa settimana sembrano impostati per evitare che il renminbi (RMB) possa reagire in modo eccessivo e il nostro cambio obiettivo USD/CNY a 12 mesi non è lontano dai livelli recenti dato lo scenario attuale.

Il forte deprezzamento del RMB, combinato con il peggioramento delle aspettative di crescita in Cina nelle ultime settimane, sembra aver influito negativamente sul clima del mercato. Ciononostante, riteniamo che un moderato rallentamento, insieme a una riduzione progressiva della leva finanziaria, potrebbero essere molto probabili a medio termine.

A livello azionario, il mercato MSCI China A-share1 è sceso di quasi il 30% dal picco toccato a fine gennaio 2018. Offre un premio interessante sia in termini assoluti che in termini relativi rispetto al mercato H-stare su base storica.

Nel breve termine preferiamo restare cauti su entrambi i mercati A-share e H-share, almeno sino a quando riceveremo maggiore chiarezza sulla risoluzione dei driver negativi. Pensiamo che su un orizzonte di medio-lungo periodo, il mercato A-share sia interessante e stiamo cercando dei punti di ingresso. A livello di titoli, riteniamo che le migliori opportunità siano rappresentate dai titoli domestici e guidati dai consumi.

Oltre alla debolezza a breve termine, dal punto di vista degli investitori, riteniamo che abbia più senso considerare la Cina come una nuova asset class a sé stante e non solo come parte di un’esposizione ai mercati emergenti, in modo da trarre vantaggio dalla trasformazione dell’economia cinese e dal suo potere economico globale.

Quali sono le principali ragioni dietro il recente calo del valore del renminbi?

Finora, sembra che la recente correzione del renminbi cinese sia stata principalmente il risultato delle pressioni di mercato a breve termine. Dopo la recente correzione, il RMB è tornato circa al livello del quarto trimestre dello scorso anno rispetto al dollaro USA e rispetto ad un paniere di valute ponderato per gli scambi, a meno 3% dai livelli più bassi rispetto al paniere e a meno 5% rispetto all’USD. Il principale fattore scatenante sono state le trattative commerciali delle ultime settimane, in seguito ai commenti aggressivi del presidente Trump sull’imposizione di tariffe addizionali alla Cina che hanno fatto preoccupare il mercato per una grave escalation e per una potenziale discesa in una vera e propria guerra commerciale. Inoltre, ci sono stati altri fattori esterni che hanno aggiunto pressioni al ribasso sull’RMB, come il generale scenario di avversione al rischio nei mercati emergenti e le prospettive apparentemente forti per l’economia statunitense e un rimbalzo del dollaro. Inoltre, alcune preoccupazioni a breve termine sulla riduzione della leva finanziaria in Cina sono state troppo dure, il che sta pesando sull’intera economia, a causa dei recenti dati macroeconomici deludenti e della ripresa dei default delle obbligazioni societarie.

Quali potrebbero essere in futuro le implicazioni e gli effetti delle tensioni commerciali tra Cina e Usa?

Gli Stati Uniti hanno recentemente pubblicato una lista di ulteriori prodotti cinesi per un controvalore di 200 miliardi di dollari da assogettare a una tassa del 10%. Un’audizione pubblica sulla proposta è fissata per il 30 agosto e le tariffe potrebbero diventare effettive a settembre. Mentre l’incertezza appare relativamente elevata a breve termine, secondo il nostro scenario centrale si possono evitare gravi escalation e le tariffe statunitensi applicate alle importazioni dalla Cina dovrebbero avere un impatto macroeconomico relativamente modesto, con trattative che sembrano destinate a continuare. Stimiamo che l’impatto diretto di una tariffa del 10% su prodotti per un valore di 200 miliardi di dollari (40% delle importazioni statunitensi di beni dalla Cina) sarebbe un calo di circa lo 0,2% per il PIL cinese, dato che le importazioni degli Stati Uniti rappresentano circa il 3% del PIL cinese (in termini di valore aggiunto). Nonostante la Banca Popolare Cinese (PBoC) abbia tutti gli strumenti per organizzare una “svalutazione gestita”, non ci aspettiamo che la Cina ricorra a grandi svalutazioni del RMB come strumento per le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, poiché ciò influirebbe negativamente sulla stabilità finanziaria del paese e danneggerebbe i suoi progetti a lungo termine di internazionalizzazione della valuta. Viceversa, la strategia politica della Cina dovrebbe rimanere relativamente coerente, spingendo per i colloqui e continuando a realizzare le riforme richieste dagli Stati Uniti, come il recente taglio annunciato delle tariffe di importazione, l’apertura di una serie di settori e la riduzione delle barriere per gli investitori stranieri. In effetti, i fondamentali economici della Cina sono più resistenti rispetto a qualche anno fa, con i rischi sistematici sotto controllo, in seguito a un significativo taglio alla sovracapacità e alla riduzione delle scorte, con i prestiti in sofferenza (NPLs) e il ciclo creditizio (rapporto credito aggregato / PIL) in via di stabilizzazione mentre i tassi di default rimangono molto al di sotto di altri mercati emergenti. Di conseguenza, ci aspettiamo che il RMB rimanga stabile a breve termine, soprattutto dopo i chiari messaggi della PBoC agli inizi di luglio, e il nostro range obiettivo USD/CNY a 12 mesi non è lontano dai livelli recenti. Nondimeno, nel breve termine, molto dipenderà anche da come si svilupperanno le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e da come la Cina rafforzerà di conseguenza la sua politica. Se necessario, la banca centrale sembra pronta a intervenire attraverso molteplici strumenti per prevenire una reazione eccessiva da parte dei mercati.

La recente correzione farà emergere delle opportunità sull’azionario cinese?

Le prospettive di complessivo deterioramento della crescita nel breve termine hanno chiaramente condizionato negativamente le attese sugli utili dei mercati azionari. I mercati azionari cinesi hanno subito una battuta d’arresto dal picco registrato nel primo trimestre di quest’anno, con una perdita dell’indice MSCI A-share di quasi il 30% dal massimo visto a fine gennaio 2018. La performance è stata particolarmente negativa da inizio giugno, quando la prima tranche di A share è stata inclusa nell’indice MSCI China. Considerata l’intenzione di incrementare nuovamente in settembre il peso di questi titoli negli indici MSCI globali, l’attenzione degli investitori dovrebbe rimanere elevata. Le valutazioni delle A share sono migliorate significativamente rispetto a quelle delle H share, al MSCI China Index e ad altri indici emergenti a seguito della forte correzione dei mercati. Il declassamento in termini di rating delle azioni A rispetto alle H ha reso le valutazioni più attraenti con un rapporto prezzo/utili per il prossimo anno pari a 11x per l’indice MSCI A-share. Il premio attribuito alle azioni A persiste, ma è prossimo ai livelli più bassi registrati dal 2015. Questo può indurre a ritenere che sia un buon livello di ingresso sia in termini assoluti che relativi rispetto alle azioni H, ma riflette anche le attese, al momento particolarmente contenute, sulla crescita e sugli utili. Rispetto ad altri mercati emergenti, le dinamiche positive degli utili hanno contribuito anche a ridurre i multipli prezzo/utile. Attualmente l’indice China A-share tratta allo stesso livello di prezzo/utile prospettico del MSCI China, del MSCI EM e degli indici asiatici. Tra le azioni A quelle riferite a beni di consumo e software hanno valutazioni care, mentre banche e immobiliari sembrano più convenienti.

Nonostante le valutazioni attraenti, ci sono 3 fattori chiave che dovrebbero essere osservati con attenzione: 1) il momentum sugli utili (misurato dalle revisioni positive) ha rallentato in maniera apprezzabile: la prossima presentazione dei risultati trimestrali sarà cruciale; 2) l’indice rimarrà sotto pressione per le preoccupazioni sul processo di riduzione dell’indebitamento in Cina e per l’irrigidimento delle condizioni monetarie negli USA; 3) la disputa commerciale tra USA e Cina è probabilmente destinata a protrarsi nel tempo e gli investitori dovrebbero tenere conto di una possibile guerra commerciale. Ci aspettiamo che le negoziazioni alla fine si concludano in modo razionale, anche se c’è il rischio concreto che le trattative possano inasprirsi ancora prima di migliorare. In generale riteniamo che le azioni A possano essere interessanti su un orizzonte di medio-lungo termine e siamo in attesa che si presentino i giusti punti di ingresso nel prossimo futuro, mentre teniamo sotto osservazione i rischi associati alla politica cinese di riduzione della leva finanziaria. Nonostante la view di consenso che la crescita continuerà a essere compromessa dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, noi pensiamo che un moderato rallentamento, accompagnato da una graduale riduzione dell’indebitamento, possa essere uno scenario positivo e probabile. Tuttavia, considerati i possibili rischi, preferiamo mantenere la cautela nel breve termine sia riguardo alle azioni A che quelle H, almeno finché non vedremo un miglioramento nei fattori negativi. Pertanto manteniamo un approccio difensivo e preferiamo le società di qualità attive sul mercato dei consumi interni e nei settori ciclici.

Quali sono i messaggi chiave per gli investitori interessati ad investire in Cina?

Nonostante gli effetti di disturbo a breve termine, il percorso verso l’internazionalizzazione del RMB procede, l’inclusione nei benchmark delle azioni e obbligazioni locali potrebbe attrarre maggiori flussi di capitali nei prossimi anni e la Cina sta accelerando le riforme necessarie per la sua transizione strutturale. A questo proposito, l’escalation delle tensioni commerciali sembra aiutare a spingere la Cina ad accelerare il suo programma di riforme che include, prima di tutto, l’ulteriore apertura agli investitori stranieri del settore finanziario del paese. L’apertura dei mercati finanziari della Cina è tra le riforme chiave del governo per facilitare una transizione strutturale verso un modello di crescita di alta qualità (più focalizzato sulla domanda interna e sui settori a maggior valore aggiunto). Nel complesso ciò dovrebbe aiutare le valutazioni delle azioni cinesi a rimanere interessanti e, con le variazioni dell’MSCI, dal punto di vista degli investitori, sarà interessante considerare la Cina come una nuova asset class a sé stante e non solo come parte dell’esposizione ai mercati emergenti. Ciò è particolarmente vero per gli investitori a lungo termine che, a nostro avviso, non possono più permettersi di trascurare i mercati cinesi per diversificare il portafoglio.

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