Usa contro tutti: dalla trade war alla currency war

A cura di Vincenzo Longo, market strategist di IG
Si accingono a chiudere la settimana con una performance negativa le borse europee, dopo i cali di oggi. Il sentiment del mercato ha risentito delle ultime dichiarazioni di Trump, che è tornato a minacciare la Cina con nuovi dazi fino a un controvalore di 500 miliardi di dollari, aggiungendo che sia Pechino che Bruxelles stanno manipolando il mercato valutario. Le dichiarazioni di Trump fanno eco a un’intervista rilasciata ieri alla CNBC, dove il presidente statunitense è tornato a puntare il dito contro il dollaro forte e la politica di rialzi della Federal Reserve.
La guerra commerciale si sposta quindi su un altro livello: quello valutario. La prova più tangibile arriva dai movimenti dello yuan, che continua a deprezzarsi ininterrottamente da 3 mesi. Da aprile la divisa cinese onshore si è deprezzata del 10%, con il cambio Usd/Cnh che è salito da 6,25 a 6,83, massimi da giugno 2017, oltre la soglia di guardia di 6,70 fissata dalla People’s Bank of China (PBOC). Le vendite sono state particolarmente evidenti sullo yuan offshore, con il differenziale rispetto a quello onshore che si è ampliato un po’, soprattutto dopo gli acquisti delle banche cinesi, probabilmente su insistenza della stessa Banca centrale cinese. L’impressione è che la Cina stia spingendo lo yuan verso un deprezzamento graduale, evitando movimenti troppo violenti, che potrebbero pregiudicare la stabilità dell’economia. Il rischio, infatti, è che il continuo indebolimento della valuta locale possa disincentivare gli operatori esteri a investire nel Paese. Un aspetto questo non secondario, soprattutto ora che i rialzi dei tassi della Federal Reserve spingono al rialzo i rendimenti dei Treasury. Se lo yuan debole da un lato compensa, almeno in parte, gli aumenti delle tariffe imposte dagli Usa, dall’altro alimentano le tensioni con gli Usa (da qui le dichiarazioni di Trump delle ultime ore).
Le tensioni odierne hanno rispolverato un po’ di risk off sui mercati, con il Dax che è stato il più penalizzato per via della sua vocazione all’export. Questi movimenti sono un po’ rientrati negli ultimi minuti. Ad ogni modo, crediamo che le reazioni degli investitori siano state tutto sommato contenute, vista la portata delle dichiarazioni. Questo perché il mercato considera le parole di Trump più come uno strumento per mediare nelle opportune sedi diplomatiche delle condizioni migliori e non una minaccia concreta e realizzabile. In proposito, il prossimo 25 luglio spetterà a Juncker provare a convincere Trump sui dazi alle auto prodotte nella Ue. Le indiscrezioni parlano già di una bozza di accordo su un libero scambio importante tra Usa e Ue, anche se con Trump tutto potrebbe accadere. In quell’occasione potremmo capire quanto Trump faccia sul serio.
Tutta l’estate potrebbe essere quindi vissuta sulla scia delle dichiarazioni che arriveranno sul tema del commercio e i mercati potrebbero muoversi in maniera più importante man mano che si avvicina settembre, quando dovrebbero partire i nuoci dazi alla Cina per 200 miliardi di dollari.

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