Perché continuiamo a evitare il petrolio

A cura di Phil Webster, Director, European Equities di BMO Global Asset Management
Probabilmente ci sono margini per ulteriori sviluppi, dovuti alle revisioni al rialzo dei prezzi del petrolio per quest’anno e fino al 2020. Il problema è che nessuno ha la sfera di cristallo e può prevedere gli sviluppi geopolitici futuri o i cambiamenti che interesseranno domanda e offerta, ragion per cui preferiamo lasciare ad altri il compito di “predire” i movimenti che interesseranno il prezzo del greggio.
Se guardiamo alle principali società attive nel campo del gas e del petrolio, quasi tutte hanno rendimenti inferiori al costo del capitale – sicuramente non un dato che si collega ad un modello di business di qualità. La maggior parte di esse si è trovata esposta in passato alla duplice minaccia della leva operativa e della leva finanziaria, sia essa dovuta a inflazione dei costi, a spesa in conto capitale o acquisizioni con effetti negativi sul valore. Le argomentazioni utilizzate per spiegare come questa volta la situazione sia diversa sono discutibili – i costi sono diminuiti significativamente e si manterranno bassi (ancora da provare), sono più disciplinati nelle spese in conto capitale e, finalmente, adesso che il prezzo del petrolio è raddoppiato, possono pagare i dividendi grazie ai flussi di liquidità.
In realtà un buon investimento non dovrebbe ricorrere al proprio bilancio per il pagamento dei dividendi: davvero questo diventa accettabile se a farlo sono le grandi compagnie petrolifere? Sicuramente non essere investiti nel petrolio allo stato attuale delle cose potrebbe non essere la scelta migliore, ma se un titolo non era interessante quando il prezzo era a trenta dollari al barile, perché dovrebbe esserlo ora che questo è salito a settanta dollari? Gli investitori che inseguono la performance potranno anche ottenere buoni risultati se il prezzo del petrolio continuerà a salire, ma nessuno è in grado di prevedere quale sarà il prezzo del petrolio tra dodici mesi.
Questo non vuol dire che tutto il settore sia intoccabile, ci sono società ben posizionate sul mercato, come TGS o Schoeller-Bleckmann che molto probabilmente beneficeranno del cambiamento nel ciclo. Detto questo, nel 2016 Schoeller registrava perdite trimestrali significative, per quanto i bilanci fossero solidi, e sarebbero state necessarie supposizioni molto ottimistiche per considerarlo un investimento interessante. Da allora il valore del titolo è duplicato e il ciclo non è ancora iniziato, quindi qualcuno potrebbe sostenere che abbiamo sbagliato a non investire allora. Temi e trend sono sempre interessanti quando splende il sole, ma rimaniamo fermi nella nostra posizione – se le previsioni dei prezzi delle materie prime non sono supportate da informazioni e dati solidi, allora preferiamo restarne fuori.

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