Focus sulle Banche Centrali

A cura di Luca Colussi, macro analyst Generali Investments
La scorsa settimana, lo yuan cinese è sceso al livello più basso in un anno contro il dollaro USA, in seguito alla minaccia di Trump di imporre dazi su tutte le importazioni dalla Cina, per un valore.
Il presidente ha anche espresso la sua insoddisfazione circa la prospettiva di ulteriori rialzi dei tassi della Fed. Tuttavia, i rendimenti core in tutto il mondo sono saliti venerdì.
La BCE terrà il suo meeting giovedì di questa settimana. Dopo gli annunci di giugno, non ci aspettiamo grandi novità.
La scorsa settimana, le dichiarazioni del presidente Trump sullo yuan cinese, le frizioni commerciali e la Fed hanno contribuito alla volatilità del mercato. Trump ha inizialmente commentato il forte calo dello yuan cinese, poi ha minacciato di imporre nuovi dazi su tutte le importazioni di merci negli Stati Uniti dalla Cina (per un valore di 523 miliardi di dollari su base annua a maggio) e ha infine accusato la Cina e l’Europa di manipolare le loro valute. Di conseguenza, lo yuan cinese è sceso al livello più basso rispetto al dollaro USA da luglio 2017 e l’MSCI China è calato dell’1,7% (in termini di total return), sottoperformando tutti i principali mercati avanzati ed emergenti. Anche i prezzi delle materie prime sono diminuiti. Le azioni statunitensi ed europee sono state sostanzialmente piatte durante la settimana.
Trump ha anche criticato la Fed a causa dell’attesa continuazione della stretta monetaria nei prossimi trimestri. È improbabile che questo commento piuttosto inedito di un presidente USA modifichi la linea di condotta della Fed in quanto le pressioni inflazionistiche e salariali sono in aumento. Va per contro registrato come i rendimenti core siano saliti venerdì dopo le voci secondo cui la Bank of Japan potrebbe riconsiderare il proprio impegno di controllo della curva dei rendimenti per limitare gli effetti negativi sulla redditività delle banche. Il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni è salito di 6 punti base al 2,89%, mentre il rendimento del Bund tedesco è salito di 9 punti base allo 0,37% (una variazione del benchmark ha contribuito per circa 6 punti base all’aumento del tasso).
Questa settimana l’attenzione rimarrà sul flusso di notizie riguardo a una possibile ulteriore escalation delle frizioni commerciali e alle implicazioni negative per l’economia ed i mercati finanziari. Gli indicatori di fiducia nell’area dell’euro (EA) – i sondaggi PMI di luglio di martedì e l’indice Ifo tedesco di mercoledì – potranno fornire ulteriori elementi sullo stato dell’economia dell’area euro. Il consenso è per una sostanziale stabilità. Venerdì, la prima lettura del PIL reale statunitense probabilmente confermerà una marcata accelerazione nel secondo trimestre (consenso: 4,3% su base trimestrale annualizzata contro il 2,0% nel primo trimestre).
Inoltre, la BCE terrà il suo meeting di politica monetaria giovedì. Dopo gli annunci sulla riduzione progressiva del QE nel quarto trimestre e l’impegno a mantenere i tassi invariati almeno fino all’estate del 2019, non ci aspettiamo grandi novità. Il piano generale sulla politica di reinvestimento verrà probabilmente presentato solo in una fase successiva.

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