Private Equity: non è tutto oro quello che luccica

Nel corso del 2008 le operazioni di private equity e venture capital sono state pari a 5,8 miliardi di euro. Un progresso del 20% rispetto l’esercizio precedente.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il livello degli investimenti effettuati dagli operatori in ambito private equity e venture capital ha segnato, rispetto all’anno precedente, un incremento del 30% in Italia nel corso del 2008 superando i 5,4 miliardi di euro.

Dietro questi numeri però si celano una contrazione delle operazioni di buy-out (operazioni di investimento per cui un’azienda è acquisita da un gruppo di manager che diventano manager/imprenditori. Il management team acquirente viene generalmente affiancato da un financial sponsor, tradizionalmente un fondo di private equity, che fornisce gran parte delle risorse finanziarie per l’operazione).

“Pur avendo registrato dei buoni risultati in chiusura 2008, il private equity oggi si presenta come un mercato piuttosto statico: il numero delle operazioni è in significativa diminuzione. È chiaro che la crisi in atto pone gli operatori del settore di fronte a tematiche e criticità differenti rispetto allo scorso anno: si distoglie l’attenzione dalla ricerca di nuove opportunità di investimento per concentrarsi sulla gestione delle aziende in portafoglio allo scopo di evitare che vengano travolte dall’andamento negativo del mercato”, spiega Federica Frasca, manager della divisione Banking & Insurance di Antal Intenational Italy intervista dal eFinancialCareers .

La stagnazione del private equity è dovuta in gran parte alla bassa liquidità del mercato del credito, un bacino dove per anni tutti i fondi hanno ‘pescato’ per finanziarie i propri deal: “c’è un atteggiamento oltremodo cauto anche in situazione di risultati finanziari 2008 positivi; per paura si adotta un atteggiamento di attesa”, commenta Marco Menghini, amministratore delegato di Human Lab.

LA NORMATIVA SU HEDGE E PRIVATE EQUITY

Ulteriore benzina sul fuoco potrebbe arrivare dalla nuova direttiva EU in merito ai cosiddetti fondi alternativi. Secondo la proposta, i nuovi criteri di trasparenza che verranno applicati ai fondi hedge con più di 100 milioni di patrimonio, toccheranno quasi sicuramente anche i gestori di privare equity con un patrimonio superiore ai 500 milioni. Se queste indicazioni verranno confermate, il PE anche italiano potrebbe risentirne come ha sottolineato l’Aifi, la lobby dell’industria del private equity in Italia.

(nella foto Anna Gervasoni, direttore generale dell’AIFI)

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