Come fare per non cadere nel “FAANG”

A cura di Gaetano Evangelista per Itforum.it
Può sembrare a questo punto una ossessione, ma l’esame delle società americane facenti parti del “FAANG”, nelle varie sfumature possibili e disponibili, risponde a una esigenza di ordine pratico: queste manciata di società è responsabile del 50% della performance fino ad ora conseguita dallo S&P500. Togliamo dal computo Amazon, Apple, Alphabet (Google), Facebook e Netflix, e il saldo del 2018 risulterebbe positivo di misura e allineato alla meno brillante performance conseguita quest’anno dal mercato dei corporate bond.

Un primo aspetto che emerge, riguarda il progressivo restringimento della partecipazione al rialzo. Mentre il FAAMG (come sopra, con Microsoft al posto della meno rappresentativa Netflix) ha raggiunto di recente un nuovo massimo assoluto (linea azzurra nella figura in alto); il FAANG+ Index, che racchiude complessivamente dieci società, non è riuscito nell’impresa, prima di precipitare in seguito alla débâcle subita da Facebook.
Una divergenza eclatante, che sottolinea come l’uptrend sia appannaggio di sempre meno società. Un pre-segnale negativo, che conoscerebbe uno spiacevole upgrade soltanto in presenza di una prima rottura ribassista.

Che per fortuna non è ancora intervenuta. Il recente tonfo si è arrestato poco prima di raggiungere la stessa media mobile che ha fatto da argine in primavera. Il nostro plotoncino di azioni altamente volatili ha sofferto, mantenendo la barra a dritta.
Ciò non toglie che il segmento incomincia a mostrare la corda: il FANG+ Index batte lo S&P500 da diverso tempo, e dalla fine dello scorso anno ha conosciuto una esasperazione della forza relativa: culminata però col picco del solstizio d’estate da cui stiamo ora ripiegando.

Siamo esattamente a ridosso del supporto dinamico che ha contenuto le correzioni dei mesi passati. Urge una reazione, definitiva e convincente, in assenza della quale si ribalterebbe l’uptrend che ha contraddistinto tutti gli ultimi mesi.
Insomma il FAANG è giunto ad un crocevia fondamentale. Sta perdendo colpi, e non riesce più a trainare Wall Street. Ma non ha ancora invertito tendenza. Quanto proposto finora però ci dota degli strumenti necessari per studiarne da vicino le evoluzioni: un segnale di inversione ribassista appare a portata di mano. Oppure no: sarà il mercato – e in ultima analisi gli stessi investitori – a stabilirlo.

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