Ecco perché avere dollari in portafoglio ora potrebbe essere una buona idea

A cura di P. Rosenstreich, Head of Market Strategy, e V. Mivelaz, analista di Swissquote

Il dollaro americano continua a dominare il mercato valutario e questa tendenza non sembrerebbe destinata a concludersi a breve. Il biglietto verde sta infatti beneficiando delle tensioni che si stanno scaricando sulle altre monete. Che si tratti di sanzioni commerciali, Brexit, preoccupazioni di destabilizzazione dell’area euro, esposizione ai prezzi del petrolio o dei tassi, il dollaro risulta essere ancora il porto sicuro cui guardano gli investitori. Con la battaglia delle tariffe Usa-Cina in pieno svolgimento, i mercati sembrano orientati a credere che sarà Washington ad avere la meglio: a livello domestico, infatti, gli Stati Uniti continuano a fornire agli investitori delle ottime ragioni per essere soddisfatti delle prospettive della loro moneta.
Venerdi il Dipartimento del Lavoro Usa ha mostrato un livello di disoccupazione sceso al 3,9% e una crescita dei salari in salita del 2,7%. I rendimenti del decennale Usa sono tornati al 3% fornendo ai fund manager un differenziale significativo se paragonato ai rendimenti degli altri decennali all’interno del G10.
Anche in altri ambiti, i dati sono usciti in linea con le aspettative incorporando addirittura un’ulteriore accelerazione: in aggiunta, l’occupazione nell’industria manifatturiera a luglio non sembrerebbe aver risentito almeno per il momento di alcun effetto negativo originato dalle azioni protezionistiche messe in moto da Trump. Mentre la Fed continua a reiterare il suo messaggio di un graduale aumento dei tassi di interesse, sembrerebbe stagliarsi all’orizzonte uno scenario di rialzi più aggressivi del previsto, specie qualora un consistente aggiustamento al rialzo dei redditi personali dovesse supportare maggiori consumi. Non è sfuggito ai più l’osservazione di Jamie Dimon: l’amministratore delegato di JPMorgan Chase ha detto nel weekend che i rendimenti sul T-bond potrebbero raggiungere il 5%. 
Noi continuiamo a rimanere ottimisti sull’outlook a breve del dollaro, la cui forza deriva per la maggiorparte dalla debolezza delle altre monete sue pari, che stanno affrontando difficoltà tutte diverse. Riserviamo invece una view negativa alla sterlina e in particolare al cambio GPBUSD in quanto lo scenario relativo alla Brexit rimane estremamente confuso ed è a questo punto difficile immaginare, dopo i commenti della scorsa settimana del Governatore della BoE Carney, che la banca centrale possa compiere un rialzo aggressivo dei tassi con tutti i rischi che potrebbero materializzarsi in caso di un’uscita disordinata dall’Unione Europea.
Sul fronte della battaglia dei dazi, le tensioni si stanno intensificando e la Cina, in risposta alle ultime minacce dell’amministrazione Usa di portare al 25% la tassazione su importazioni cinesi per 200 miliardi di dollari, sta prendendo contromisure annunciando tariffe addizionali dal 5 al 20% su 60 miliardi di dollari di importazioni americane. Eppure al momento Pechino sembrerebbe avere la peggio se si va a vedere il deprezzamento che sta mettendo a segno lo Yuan e che sembra lontano dall’essere concluso.Nel tentativo di stabilizzarne i corsi, la banca centrale cinese ha introdotto una nuova misura imponendo una riserva del 20% di Yuan nel mercato forward ma, considerando che misure simili erano già state intraprese nel terzo trimestre 2015 quando lo yuan rimase sotto pressione per settimane, riteniamo che provvedimenti di questo tipo risultano sempre avere il respiro corto.
Per questi motivi ci aspettiamo che il rapporto USDCNY ad un certo punto possa trovare un punto di equilibrio nella discesa con il PBoC che intraprenderà le azioni necessarie per mantenere la moneta al di sotto del livello psicologico di 7. Al momento crediamo che possa scendere leggermente verso 6,8220 nel breve termine.

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