Emergenti: dopo quanti episodi isolati si può parlare di crisi?

A cura di Elena Moya, M&G Investments

I mercati obbligazionari di tutto il mondo sono sprofondati negli ultimi cinque giorni di contrattazioni, quando i problemi inizialmente circoscritti ad alcuni Paesi emergenti (EM) si sono diffusi nell’intero universo di riferimento: solo 14 asset class a reddito fisso sulle 100 monitorate da Panoramic Weekly hanno fatto segnare una performance totale positiva. Le altre sono crollate, per lo più trascinate al ribasso dal clima di avversione al rischio (nel caso del debito high yield) o dall’esposizione ai tassi in rialzo (per i Treasury USA a lunga scadenza). In generale, i titoli sovrani europei hanno registrato le performance migliori, a partire da quelli italiani che hanno recuperato le perdite dopo il superamento delle tensioni con l’Unione Europea sul deficit di bilancio del Paese.
Le valute rifugio come lo yen e il dollaro statunitense si sono apprezzate, nel caso del biglietto verde, nonostante un’altra settimana di aspettative di inflazione disattese: il tasso di inflazione di breakeven a cinque anni è sceso al 2,07%, il livello più basso da giugno. Alcuni investitori si chiedono se gli asset USA non siano sovraquotati, condizione che potrebbe limitarne la domanda su scala mondiale, riducendo di conseguenza i livelli di inflazione e dei tassi d’interesse.
Ma negli ultimi cinque giorni di contrattazioni, il dollaro USA in rialzo ha penalizzato i mercati emergenti anche di più: l’Argentina ha innalzato i tassi dal 45% al 60% per difendere la valuta, chiedendo nel contempo al Fondo monetario internazionale di accelerare i pagamenti del piano di aiuto già concordato, la lira turca ha continuato a scivolare, nonostante la possibilità di un rialzo dei tassi più avanti nel mese ventilata dalla banca centrale, mentre l’economia sudafricana è entrata in recessione nel secondo trimestre, trascinando il rand al minimo degli ultimi due anni contro il dollaro. Persino il peso messicano, rimasto finora relativamente indenne, ha perso quasi il 2% nei confronti della valuta statunitense da lunedì. L’unica notizia positiva è arrivata dalla Cina, che ha sottoscritto un altro pacchetto di investimenti per 60 miliardi di dollari nei Paesi africani. Il petrolio si è indebolito, insieme alla maggior parte dei metalli industriali.

Su

Corporate EM: massima qualità. Dopo anni passati a scendere i gradini della struttura di capitale per trovare rendimenti dignitosi, gli investitori stanno scoprendo ora quello che chi spende per l’abbigliamento ha sempre saputo: la qualità alla fine paga. Il debito corporate EM con il rating più alto figura tra i pochi sopravvissuti alla correzione che ha investito la regione di recente, con una performance positiva negli ultimi cinque giorni di contrattazioni (0,1%), ma anche sui periodi di tre mesi (0,4%) e da inizio anno (0,6%). Nell’ambito dell’indice JP Morgan Corporate EM Bond (CEMBI) denominato in dollari USA, i titoli di qualità migliore sono in prevalenza di società asiatiche, soprattutto utility sudcoreane, colossi dei trasporti di Hong Kong e aziende tecnologiche cinesi e degli Emirati Arabi Uniti. In generale, finora quest’anno le obbligazioni a breve scadenza sono andate meglio di quelle a più lungo termine, essendo meno esposte ai tassi in ascesa, e lo stesso è accaduto ai settori dell’industria e dei trasporti il cui andamento è più prevedibile. A livello regionale, dall’inizio del 2018, il Medio Oriente evidenzia una performance complessivamente favorevole, mentre il debito societario europeo e latino-americano fatica a tenere il passo. In termini di Paesi, Ghana, El Salvador, Paraguay, Giordania e Iraq finora quest’anno offrono un rendimento totale di almeno il 2%. Per un approfondimento sul debito corporate EM, si raccomanda la visione del video di Mario Eisenegger: “Racconti dal Cile e altri EM poco osservati”.
Obbligazioni europee: viva l’Italia. I BTP italiani hanno recuperato lo 0,5% nel periodo osservato, riducendo le perdite a 1 mese allo 0,8%. Le tensioni fra il governo e l’Unione Europea sul deficit di bilancio del Paese si sono dissipate dopo che la Lega, uno dei due partiti del governo di coalizione, ha parlato un deficit al di sotto del 3% del PIL fissato dall’Unione Europea per la finanziaria 2019, un livello che aiuterebbe l’Italia a ridimensionare l’enorme debito pubblico pari al 130% del PIL. Lo spread rispetto ai bund tedeschi è sceso a 250 punti base (pb) dopo aver raggiunto quota 289 la settimana precedente, come non accadeva dai tempi della crisi del debito sovrano europeo nel 2013.

Giù

Real brasiliano: il prezzo dell’incertezza. Negli ultimi cinque giorni di contrattazioni, il real ha continuato la corsa verso il basso, toccando il minimo dal 2015 nella giornata di mercoledì. Solo quest’anno, ha perso il 21% contro il dollaro. A parte la turbolenza in atto nei mercati emergenti, la valuta risente anche dell’incertezza sull’esito delle elezioni generali in programma a ottobre. Neanche la sentenza che ha vietato all’ex presidente Lula, attualmente in carcere, di candidarsi di nuovo è bastata a frenare le perdite, dato che gli investitori sono preoccupati per i sondaggi che danno ancora in svantaggio il candidato Alckmin, considerato amico dei mercati, rispetto ad altri contendenti. Al momento, il candidato di destra Bolsonaro è in testa con un’intenzione di voto del 20%. Secondo alcuni esperti, però, quando i candidati superano la prima tornata e approdano al secondo e ultimo turno, tendono ad abbassare i toni e ad adottare posizioni meno estreme, dovendo conquistare i voti di un ampio elettorato di centro. Una minore polarizzazione potrebbe ridurre l’incertezza, anche se non il rischio. Il saldo commerciale brasiliano è sprofondato in un deficit di 4,4 miliardi di dollari Usa a luglio, dal surplus di 0,5 miliardi di USD di giugno, e nel contempo è calata anche la produzione industriale, in quanto le imprese hanno sospeso gli investimenti in vista delle elezioni. Nonostante i bruschi movimenti pre-elettorali, come illustra il grafico in basso, sia i governi di destra che quelli di sinistra hanno prodotto risultati misti in termini di crescita e inflazione. Tanto rumore per nulla?
High yield USA: superato per dimensioni. Il mercato HY statunitense, che ha un valore di circa 1200 miliardi di USD, è stato superato da quello dei prestiti a leva, salito a 1300 miliardi a giugno, secondo Fitch Ratings. Questo sviluppo è derivato dal ricorso delle aziende al finanziamento più conveniente offerto dal mercato dei prestiti, essendo il debito bancario generalmente meno rischioso degli strumenti obbligazionari. Quest’anno poi questo segmento ha richiamato anche gli investitori, attratti dal tasso variabile associato ad alcuni prestiti che aumenta con il rialzo dei tassi d’interesse. Tuttavia, l’atteggiamento da colomba mostrato a Jackson Hole dal presidente della Federal Reserve statunitense (Fed) ha sollevato l’ipotesi che la banca centrale decida di interrompere i ritocchi al rialzo l’anno prossimo, una svolta che potrebbe ribaltare di nuovo il rapporto fra high yield e prestiti a leva.

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