Dollaro forte, rischio politico e guerra commerciale, vincitori e vinti tra gli emergenti

A cura di Daniel Tubbs, Head of Global Emerging Market Equities di Mirabaud AM

Il sentiment del rischio verso i mercati emergenti è diventato fortemente negativo negli ultimi mesi. La prima vittima è stata l’Argentina (tecnicamente un mercato di frontiera), che a maggio ha visto un forte deprezzamento della propria valuta. Le ha fatto seguito la Turchia, che ha subito un destino simile all’inizio di agosto. Ciò è stato determinato dall’inasprimento del controllo del presidente Erdogan sulla Banca Centrale e dall’attuazione di una politica fiscale espansiva, che la Turchia non può permettersi considerati i suoi deficit gemelli. L’Argentina ha adottato una risposta economica ortodossa alla crisi: un aggressivo aumento dei tassi interni, l’introduzione di alcune riforme fiscali e la ricerca di supporto dal FMI. Nonostante questo, la valuta ha continuato a crollare assieme ai prezzi degli asset. La Turchia dal canto suo ha adottato un approccio diverso evitando misure correttive e attribuendo la responsabilità a fattori esogeni.

Sebbene riteniamo che questi due mercati siano in qualche modo unici soprattutto in termini di rispettive sfide specifiche, l’attenzione degli investitori si è chiaramente spostata al di là di essi verso squilibri più ampi all’interno di altri mercati emergenti. Ciò è stato evidenziato dal significativo indebolimento di diverse valute dei Paesi emergenti nell’ultimo mese, non aiutato da un continuo rafforzamento del dollaro e dalle preoccupazioni crescenti relative al rischio politico e dall’escalation della guerra commerciale. I paesi che hanno sofferto maggiormente sono Sudafrica, Brasile, Indonesia e Russia.

A nostro avviso, questi Paesi generalmente non condividono gli stessi rischi idiosincratici di Argentina e Turchia, tuttavia devono tutti far fronte ad alcune sfide, che si tratti del rallentamento dell’economia o dell’incertezza politica. Detto ciò, ci sono altri mercati emergenti, soprattutto in Asia (come Taiwan e Hong Kong) ma anche altri Paesi più piccoli (ad esempio Cile e Perù), che dovrebbero essere in qualche modo isolati da questi problemi.

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