I due potenziali scenari della guerra commerciale

Di Norman Villamin, Chief Investment Officer Private Banking and Head of Asset Allocation, di Ubp

L’annuncio da parte degli Stati Uniti di tariffe del 10% su ulteriori 200 miliardi di dollari in esportazioni cinesi negli USA è stato politicamente astuto e suggerisce uno spostamento delle tensioni commerciali dalla rappresaglia ad un confronto più strategico. Imponendo le tariffe del 10% fino alla fine dell’anno invece del previsto 25%, l’amministrazione Trump limita l’impatto sull’economia statunitense prima delle importanti elezioni di metà periodo di novembre. Per gli investitori, l’annuncio suggerisce che un’ulteriore escalation delle tensioni commerciali è probabilmente scongiurata avvicinandosi a novembre. Tuttavia, il rischio di aumento delle tensioni commerciali nel 2019 è probabilmente aumentato.

Per valutare gli sviluppi di questa situazione estremamente delicata, abbiamo costruito un framework che si compone di due scenari. Quello di base (A) è che la guerra commerciale sarà contenuta da un compromesso tra Pechino e Washington, raggiunto in vista delle elezioni di medio termine di novembre negli USA. Lo scenario di rischio (B) prevede invece un’intensificazione della guerra commerciale tra i due paesi e un’ostilità prolungata ben oltre le elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Ecco di due scenari nel dettaglio:

Scenario base (A):

  • Gli Stati Uniti impongono una tariffa del 25% su un totale di 250 miliardi di dollari di esportazioni cinesi verso gli USA a partire dal 2019. L’impatto diretto (a parità di altre condizioni) riduce la crescita del PIL cinese di circa lo 0,8% (incluso l’effetto moltiplicatore) a circa il 6% a/a in un anno (dall’attuale 6,8%). La politica anticiclica della Cina può essere ancora abbastanza calibrata così da contrastare un calo dell’economia relativamente modesto senza rischiare seri problemi di releveraging.
  • Risposta dal lato della politica economica – iniezioni di liquidità misurate attraverso tagli ai requisiti di riserva obbligatoria (RRR), prestiti mirati, allentamento della regolamentazione finanziaria su alcuni crediti ombra abbinato a misure fiscali, inclusi sgravi fiscali e incentivi ai consumatori e alle imprese, in particolare in materia di R&S e sviluppo tecnologico.
  • Risposta dal lato della politica valutaria – Se la People’s Bank of China (PBOC) volesse finanziare una politica di svalutazione competitiva per compensare “completamente” la tariffa del 25% su 250 miliardi di dollari, lo yuan dovrebbe deprezzarsi a circa 7,30 dollari (dall’attuale 6,84).

Scenario di rischio (B):

  • L’escalation della tensione commerciale fa sì che tutte le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti, pari a 450 miliardi di dollari, siano soggette a un dazio all’importazione del 25%. La crescita del PIL cinese potrebbe essere ridotta di circa l’1,4% a circa il 5,5%. La portata della reflazione cinese dovrà quindi aumentare significativamente per combattere i potenziali venti contrari.
  • Risposta dal lato della politica economica – l’espansione monetaria potrebbe avere la scala osservata durante la fase di allentamento del 2012-13, con una crescita totale del credito che riprenderà al 15-16% a/a (dall’attuale 10%), sostenuta da ulteriori tagli di 200-300 pb nel RRR e da consistenti prestiti mirati a sostegno degli investimenti infrastrutturali, di imprese e famiglie e, possibilmente, del mercato immobiliare. L’allentamento monetario sarà inoltre accompagnato da misure fiscali più aggressive, potenzialmente sotto forma di un mini programma di stimolo, nonché da incentivi fiscali consistenti forniti per stimolare il settore tecnologico nel contesto dell’importante piano governativo “Cina 2025”.
  • La vera preoccupazione è che se una guerra commerciale si estende a ritorsioni non commerciali (ad esempio, la limitazione degli investimenti esteri, del turismo, ecc.), e il rischio di impatto economico negativo per la Cina si amplifica e per Pechino sarà sempre più difficile trovare un equilibrio tra la protezione della crescita e il non rischiare un altro importante ciclo di accumulazione di debito.
  • Risposta dal lato della politica valutaria – La compensazione “completa” della tariffa del 25% sulle esportazioni di 450 miliardi di dollari verso gli USA richiede un deprezzamento del yuan cinese a circa 8,00 contro il dollaro (dall’attuale 6,85).

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