Materie prime: il ritorno della diversificazione

Di Terence Brennan, Portfolio Manager del Fondo Global Commodities di Lazard AM

Se da un lato il ritorno dell’inflazione si prospetta come una nube nell’orizzonte degli investimenti, dall’altro avrebbe un effetto positivo nel ripristinare il vantaggio in termini di diversificazione delle materie prime.

A seguito dell’esperimento globale del Quantitative Easing, le correlazioni tra il debito sovrano privo di rischio e le asset class più rischiose, quali debito corporate, titoli azionari e materie prime, si sono allentate a livelli senza precedenti poiché le banche centrali, intervenendo sui mercati in qualità di acquirenti di ultima istanza, hanno soffocato i rendimenti esenti da rischio. Il crollo dei rendimenti a rischio zero ha spinto gli investitori verso asset rischiosi in maniera quasi indiscriminata, contribuendo a risanare le economie (una conseguenza voluta) e avvicinando le loro correlazioni fino al taper tantrum del 2013, quando la Fed ha annunciato di aver valutato una possibile interruzione della sua politica monetaria accomodante.

La correlazione tra materie prime e titoli azionari ha registrato un calo costante con l’effettivo avvio della riduzione del Quantitative Easing ed è attualmente scesa quasi a livelli normali. Ora, con i tassi di interesse in aumento e la prospettiva di inflazione (la più attendibile da anni), le materie prime potrebbero rivendicare il proprio tradizionale ruolo di diversificazione del portafoglio.

Sì alle materie prime, no alla guerra commerciale

L’impatto della guerra commerciale sul complesso delle materie prime varierà. L’inelasticità della domanda, che caratterizza i settori agricolo e dell’energia, implica un risultato finale che, oltre ad aumentare i prezzi al consumo a livello globale, non si rivelerà un risultato eccezionale. La gente potrà smettere di costruire ponti, ma avrà comunque bisogno di cibo e di riscaldamento. In altre materie prime con un profilo di domanda più elastico, la guerra commerciale potrebbe limitare la produzione globale, avvantaggiando i patrimoni dei produttori interni nel breve periodo e dei produttori globali nel lungo termine, in quanto il deprezzamento della valuta supera l’ostacolo tariffario.

Guardando oltre la situazione attuale e considerando le sue persistenti implicazioni, la guerra commerciale, reprimendo la domanda, potrebbe prolungare la carenza di investimenti che ha colpito le materie prime. È improbabile che tale squilibrio perduri (alla fine l’offerta dovrebbe aumentare abbastanza da soddisfare la persistente domanda), ma più continuerà e maggiore sarà il prezzo che l’inflazione farà pagare.

Segue una conclusione di investimento derivante da tali osservazioni in merito alla guerra commerciale. La scarsità dell’offerta e l’inflazione dei prezzi che questa implica dovrebbero rilanciare il valore dell’investimento in materie prime per il tempo necessario a far sì che gli investimenti nel complesso delle materie prime si riprendano. Nel frattempo, l’indebitamento globale rafforza il valore in termini di diversificazione delle materie prime e accresce l’attrattività delle materie prime quale investimento a duration zero.

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