Crisi, noi e i grilli parlanti

Carlo E. Esini, infatti, anche se non ha alcun potere legislativo o amministrativo, anche se non siede nel consiglio di amministrazione di grandi istituzioni finanziarie e non è nemmeno consigliere dell’imperatore, si occupa di diritto degli intermediari da anni e come stavano (o meglio, stanno) le cose lo aveva capito da tempo.
Io faccio parte di un ceto di professionisti o, se vogliamo proprio offendere, intellettuali che pur avendo ogni strumento per comprendere il fenomeno e perfino in molti casi avendone compreso i funzionamenti e i vizi non ha alcuna capacità di incidere in modo significativo e, molto spesso, finisce per ricavarsi un posto da grillo parlante fuori dalla mischia.
So che l’autocritica non è molto di moda, tuttavia non ho alcuna intenzione di autoassolvermi per il fatto di non aver avuto funzioni pubbliche: la realtà era sotto gli occhi e l’essersi limitati a fare della critica salace non è un comportamento molto più nobile di quello tenuto da chi ha rifilato derivati OTC alle vecchiette o condotto la sua banca al fallimento.
L’unica cosa che posso dire del mio ceto è che non siamo pochi: ho sul comodino l’ultimo libro di Tommaso Padoa Schioppa, studioso che personalmente stimo molto, dal titolo “La veduta corta” (il Mulino); l’ho acquistato immediatamente appena ho colto in una recensione una delle tesi di fondo di quel lavoro, ovvero lo spostamento dell’asse temporale del mercato e della società sul breve periodo come concausa della crisi finanziaria ed economica (e non solo) di questi anni.
 
Le tesi, più che il libro, sono estremamente interessanti e, a mio giudizio, molto serie e fondate, tuttavia non riesco a finirlo; mi viene infatti sempre in mente che l’autore è stato Commissario europeo, presidente della Consob e Ministro delle Finanze senza riuscire a incidere in qualche misura sugli avvenimenti che si sono verificati, senza riuscire a impedire questa o quella truffa, questo o quel crack, questa o quella legge sbagliata.
Forse, anche lui come il sottoscritto, non è riuscito ad essere che un grillo parlante a posteriori, uno che dice le cose che pensa, ma senza disturbare il mercato (o il manovratore).
Personalmente credo che la figura un po’ triste di noi grilli parlanti sia la spia di un malessere molto serio e grave, ovvero la perdita di ogni rapporto dialettico tra intellettuali e società in un mondo in cui, nel gettare via l’acqua sporca del principio di autorità si è buttato via anche il bambino della ricerca collettiva di un mondo migliore.
Non sono un nostalgico dello schema leninista di avanguardia e massa (anche perché l’unica classe sociale che è rimasta è quella, indistinta, dei consumatori) tuttavia ritengo che l’attenzione alle voci critiche sia almeno la dimostrazione che un sistema è capace di mettersi in discussione e di evolvere.
Forse anche i grilli parlanti dovrebbero sporcarsi un po’ più le mani, ma è probabile che per un po’ di tempo finirebbero sul rogo e quindi è comprensibile che non ci sia una gran fila fuori dalla porta; certo è che viviamo in una società in cui l’accettazione del sistema è globale, dove le critiche e i dubbi sono merce poco apprezzata.
 
Mi vengono sempre in mente le parole di un altro noto grillo parlante: “D’altra parte, la capacità di vivere con la realtà relativa, con domande per le quali non ci sono risposte, con la conoscenza di non sapere nulla e con le incertezze del paradosso è probabilmente l’essenza della maturità umana e della tolleranza per gli altri. Senza questa capacità ci relegheremmo senza rendercene conto, nel mondo del Grande Inquisitore nel quale vivremmo la vita di pecore, infastidite di tanto in tanto dal fumo acre che si leva da qualche auto da fé o dai camini dei forni crematori” (Paul Watzlawick, “La realtà della realtà”).
Chiudo con questo la mini serie dedicata ai miei personali J’accuse segnalando che non ho avuto il minimo feedback; devo concludere pertanto che anche i miei pochi lettori non ritengono particolarmente rilevante indagare le responsabilità della crisi che il sistema sta vivendo; torneremo quindi a parlare di cose futili ovvero di diritto. 


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