Quando si riparte?

Prima o poi doveva arrivare. E così è stato: Wall Street ha invertito al ribasso e bruscamente la rotta trascinando con sè anche gli altri principali listini azionari mondiali, alcuni dei quali come Piazza Affari già in downtrend da tempo. La storia d’altronde, è noto, si ripete. Anche e soprattutto in Borsa. Sta di fatto che il tracollo Usa ha improvvisamente riposizionato al centro della scena gli eccessi dell’azionario e i rischi che gravano sulla crescita statunitense e globale mettendo così gli operatori, istituzionali e non, di fronte alla realtà degli eccessi accumulati nel corso della lunga stagione dei fiumi di denaro a buon mercato che hanno gonfiato l’equity.

Questa volta scintilla che ha innescato l’ondata di vendite, o per meglio dire la “scusa”, è stato l’attacco di Trump a Powell (da lui stesso nominato) e alla Fed per l’aumento dei tassi di interesse, manovra peraltro ampiamente anticipata e scontata dal mercato già in precedenza. “La Federal Reserve è impazzita!”, ha tuonato il presidente americano, incolpandola dell’inizio della correzione di Wall Street. Che però ha poi contribuito a ingigantirsi nel corso della seduta di mercoledì 10 ottobre fino a diventare un vero e proprio uragano, che (insieme a quello meno metaforico che sta attraversando la Florida) promette di nuove regalare tensioni e alta volatilità nel futuro prossimo.

Come spesso accade però, ogni mutamento crea scompiglio ma anche nuove opportunità. A cominciare dall’indebolimento del dollaro, tornato in area 1,16 nel cambio contro euro. Un movimento che poi ha favorito un risveglio dell’oro e, ultimo ma non certo per importanza, ha riporrato molti titoli (a comunciare dai big Usa) a livelli più appetibili.

La vera domanda che ci si pone è tuttavia la tempistica della correzione in atto. Che, nel caso in cui dovesse essere limitata al breve termine, creerebbe il terreno più adatto per lo sviluppo di un recupero in vista della fine dell’anno. In altri termini, forse, il rally di Natale ora ha più chance, oltre che più senso.

L’indice S&P500

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